Foto e contenuto dei post sono di proprietà dell'autrice.

Riproduzioni, anche parziali, necessitano di autorizzazione preventiva.

martedì 31 dicembre 2013

Lascio andare: ricetta per il nuovo anno

Quando la nostra vita si anestetizza intorno alle abitudini il cambiamento diventa lento e difficile. Per fare spazio al nuovo bisogna avere il coraggio di lasciare andare ciò che non ci serve più.


lascia andare
collage di foto da google

Tutti facciamo buoni propositi nell'ultimo dell'anno.
Tutti facciamo agli altri auguri che vogliamo anche per noi stessi.
Che sia un anno migliore, che ci porti cose belle, che la felicità si impossessi di noi.

Come se voltare pagina di calendario avesse un effetto magico sulle nostre vite, e guardando all'anno nuovo intonso e immacolato tutto fosse possibile. Alzando quel calice di mezzanotte, tutti i desideri salgono al cielo.

Questo che è appena passato è stato un anno importante per me: ho attraversato alcuni grandi cambiamenti, ho imparato un sacco di cose nuove. Mi sento un'altra persona.
Se io ho lavorato per esserlo, tuttavia, penso anche che queste cose avvengono anche naturalmente, ed ogni giorno ci cambia un po', ci rende persone diverse.
Se siamo aperti alla consapevolezza di tutto questo, non possiamo che trarre benefici dal cambiamento insito nella crescita.

C'è una consuetudine nota a molti, nell'ultima notte dell'anno: buttare via qualcosa di vecchio per fare spazio al nuovo. Qualcuno lo fa concretamente, bruciando o lanciando oggetti dalla finestra in segno augurale, qualcuno lo fa simbolicamente.

E' per questo che in questo articolo voglio mettere la ricetta per il nuovo anno (la mia, personale, ovviamente) che prevede, piuttosto che una lista di ingredienti da mettere insieme, una lista di cose da LASCIARE ANDARE. Una ricetta al contrario.
preparazione

Prendete una serie di cose che si sono accumulate nell'ultimo anno, e cominciate a togliere quello che non vi serve. Siamo bravissimi ad accumulare il superfluo, forse per istinto, forse perché siamo biologicamente determinati ad accumulare per sopravvivere. Ma arriva il momento in cui quello che non serve comincia a stare al posto di qualcos'altro.

Quando siamo insoddisfatti della nostra condizione attuale (e in questo periodo tanti abbiamo ragione di esserlo), è abbastanza inutile lamentarsi. Per quanto piangersi addosso sia una fase importante, quella del rendersi conto del problema, non possiamo permetterci che duri troppo a lungo, se questo ci impedisce di muoverci verso le soluzioni.

E' universamente noto, persino in medicina, che il pessimismo non è un buon alleato: la forza della mente è tale che l'ottimismo, invece, riesce a far miracoli, a guarire persino le malattie più ostinate, a farci produrre sostanze "magiche" che innescano a catena una serie di reazioni positive.

A volte mi trovo così dentro ad alcune abitudini  da diventare incapace di cambiare.
Nel corso dell'ultimo anno ho dovuto rompere talmente tanti meccanismi consolidati dal ritrovarmi, ad un certo punto, con poche dolorose certezze. Una fase dolorosa ma necessaria, quella del dolore, che mi ha permesso di fare piazza pulita e di ricostrure.

Ma la cosa più affascinante è che quando si affronta un cambiamento significativo, si pensa che ad un certo punto si taglierà un traguardo e si sarà "giunti". E invece no.
Quello che impari strada facendo è che questo cambiamento è un percorso, è l'essere on the road again tutti i giorni, e che non si arriva mai. Augura a te stesso di non essere mai arrivato, perché finché c'è vita c'è strada da fare, e solo chi muore arriva!

Quindi la sofferenza è impegnativa, oltre che necessaria, ma la incontrerai ancora e ancora, molte volte. La benedico, la ringrazio, la saluto e la accolgo, perché mi insegna a guardare dove prima non volgevo mai lo sguardo. E poi la lascio andare, muovendomi verso qualcosa di meglio.

Ed ecco la mia "lista" di "ingredienti" che non mi servono più, e che lascio andare per fare entrare il cambiamento che desidero.

ingredienti

Lascio andare:
  • I "si deve".
Vivo molte cose secondo quello che mi è stato insegnato, e sono grata per gli insegnamenti importanti che mi hanno permesso di diventare quello che sono, ma a volte il senso del dovere e del conformismo chiudono i sensi alla libertà e all'autenticità.
  •  L'attaccamento alle cose.
Non voglio niente che non sia ciò di cui ho davvero bisogno.
Sembra facile, ma in quel davvero c'è il lavoro di una vita. Sono così lontana dal sentire quello che mi piace, quello che mi serve!
Troppo spesso dimentico di chiedermi "cosa mi serve ADESSO": il qui ed ora è fondamentale, e se una cosa mi piace, mi fa stare bene, non è detto che lo faccia in ogni momento della mia vita. Ascoltare il mio corpo, sentire i suoi bisogni, momento per momento. Sempre.
  • Il passato.
Le persone come me si affaticano nella difficoltà a lasciare andare il passato. Il nuovo fa sempre un po' paura. Non ho una ricetta per questo, ma se anche tu come me vivi di romantiche nostalgie, prova ad avere un po' di fiducia nel presente. Sono poche le sicurezze di cui abbiamo bisogno: il respiro, il contatto dei nostri piedi sul terreno, la capacità delle nostre gambe di muoversi in avanti, delle nostre spalle di sostenerci. Sono metafore, ma anche no. Chi vive il presente non teme il futuro: sarà solo il nostro oggi, quando sarà il suo momento.
  • Le scuse.
Ho vissuto molte situazioni in cui il mio peggior nemico sono stata io stessa. Le mie paure mi hanno spesso accecato, facendomi inventare scuse per non affrontare determinate situazioni. La cosa peggiore di tutto questo è che, quando non ce ne rendiamo conto, per l'appunto non lo vediamo nemmeno. Se un altro ce lo fa notare, neghiamo; se un amico ce lo dice, ci innervosiamo.
Sono scuse: la verità è dolorosa, e non pretende di avere ragione.
  • Le cose preconfezionate.
La nostra vita è piena di definizioni che diamo alle cose, alle persone, a noi stessi. Queste nascono per essere utili, per aiutarci a classificare la vastità della vita, ma finiscono con l'essere limitanti nel nostro approccio alle cose. Io lascio andare tutte le definizioni di me stessa che mi hanno dato, e che mi sono data, per vivere ogni giorno con l'ingenuità di un bambino che deve ancora dare un senso alle cose. Quando non do nulla per scontato il mondo mi svela, anche sugli altri, segreti che non avrei immaginato: via i vincoli, voglio essere libera!
  •  Il bisogno di far bella figura.
Prima di Natale è arrivato per me un insegnamento importante che è passato attraverso un momento di grande malessere fisico. Ero così presa da quello che dovevo fare (tutte cose autoimposte, eh!) dal non sentire più cosa volevo fare. Le due cose si erano confuse in modo poco sano.

Molte delle cose che facciamo, e questo è legato ai "si deve" (vedi sopra), le facciamo per strani motivi: vogliamo piacere, vogliamo che ci dicano bravi o che soltanto lo pensino, vogliamo qualcosa in cambio, vogliamo essere riconossciuti attraverso le cose che sappiamo fare. Ma spesso tutto questo non serve.

La perfezione non esiste, ed è del tutto inutile che io la insegua attraverso il fare-fare-fare. Non sarò migliore se lavoro di più, pulisco di più, faccio di più, e così via. La qualità è decisamente migliore della quantità, ma nello stesso tempo questo pensiero mi porta a scoprire che ci sono cose che ritengo importanti e che in realtà non lo sono.

Ci saranno momenti in cui qualcuno si aspetterà da me qualcosa, ma non lo farò se questo mi porterà un disagio che si ripercuoterà sul mio benessere e, indirettamente, sulle mie relazioni significative. Sai di cosa sto parlando?
  • Il giudizio.
Io sono il giudice più severo di me stessa, e con questo mi do sempre la zappa sui piedi.
E' davvero difficile rinunciare a giudicare: noi stessi, gli altri, le cose. Un atteggiamento ingenuo, tuttavia, come dicevo sopra ci permette il lusso della sorpresa. L'imprevedibile. Un nuovo modo di guardare molte cose. E se il giudizio nasce -sempre- da un modo rigido di percepire (una situazione, una relazione, una persona) io abbandono gli stereotipi e smetto di dare le cose per scontate. Esco dal mio -unico- modo di giudicare, e mi metto in altri panni.
  • Il bisogno di controllare.
Prende vie strane, talvolta, il nostro bisogno di sicurezza. Pianificare nei minimi dettagli è un tentativo di controllare, resistere al cambiamento è un tentativo di controllare, cercare di aver sempre ragione è un tentativo di controllare...
Ho imparato che tutto ciò che mi tocca davvero il cuore sembra avere una consistenza eterea: la creatività, la musica, la sensualità, la gioia di vivere, la saggezza.
Eppure la vita non si ferma, né si dirige, né le si può impedire di fare i suoi percorsi, anche quando ci illudiamo che sia in nostro potere farlo.
Ma soprattutto, ho capito che tradurre queste sensazioni in parole che siano intellegibili per gli altri è davvero arduo, perché non sono teorie ma esperienze! Ciascuno di noi ha il suo percorso personale, ed è impossibile trascinare qualcuno in una strada che non vuole fare.
Auguro quindi a tutti voi il potere del relax.
Pensiamo che per essere rilassati dobbiamo stare fermi e non fare nulla.
A me piace pensare che RILASSARE  porti l'etimo di allargare, sciogliere: azioni che implicano un movimento positivo e volontario, che ci permettono di AMPLIARE l'esperienza, a partire da ciò che sentiamo buono per noi stessi. Non l'immobilità, quindi, ma il cammino sulla strada della consapevolezza.

© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

lunedì 30 dicembre 2013

Arista di maiale in salsa al latte, in pentola a pressione: ricetta facilissima

Un arrosto aromatico con salsa al latte, da cuocere in pentola a pressione. Richiede una preparazione minima, ed il successo è garantito. Non è estremamente elaborata negli ingredienti, cosa che la rende un piatto leggero e povero di grassi, soprattutto se paragonato alle pietanze più elaborate dei giorni di festa.

arista

Ultimi giorni di questo anno che se ne va. Il cibo mi da la nausea, e di cucinare non ne posso davvero più. Oltre ai giorni di festa, passati in famiglia, ci sono i giorni in mezzo alle feste, passate con gli amici più cari, quelli che non puoi fare a meno di vedere e per i quali rinunci al sonno, al riposo, alla dieta. E così il tour de force va avanti, fra carrellate di piatti buonissimi e di ore di sonno perse.

Sono stanchissima, ma in qualche modo felice: quest'anno avevo deciso di non avere aspettative sul Natale, sulle riunioni in famiglia, fermamente convinta che in tutto c'è qualcosa di positivo e che io avrei trovato il mio bilancio favorevole. Ci sono riuscita.
Mi sono sforzata -e tanto- di guardare oltre, di alzare lo sguardo dai particolari per cercare il senso generale delle cose, il senso che unisce come un filo le tradizioni che ogni anno si ripetono, e quelle piccole novità date dal tempo che passa.
Quest'anno mi sono allenata in strada tutti i giorni, compresa la mattina di Natale. Non ho dimenticato, nel tran tran massacrante, di dedicare un po' di tempo a me stessa e alla mia salute, e per quanto sia stressante aggiungere l'esercizio fisico alla stanchezza del periodo, è anche molto rigenerante.
In strada tutto è pulito, si prendono le distanze da certi pensieri, si torna in contatto con se stessi, senza contare che camminare, anche lentamente, per me è massaggiare il mio stomaco "cullato" dall'interno, cosa che mi rimette sempre a posto ogni dolore legato all'eccesso di cibo.

Non sono troppo fiera di me: nonostante tutto la bilancia sale (di poco ma sale). Ma è Natale, e avevo anche voglia di questi eccessi, di essere sopra le righe, di vivere questi pranzi in modo diverso. So che a Gennaio, come molti, tornerò a dieta. Questo è quello che vorrei fare, questo è quello di cui avrei bisogno.
Nel frattempo, guardandomi allo specchio, trovando il tempo della pausa che le feste ti concedono, mi riscopro ad apprezzarmi tanto, e riscoprirmi soddisfatta di me. Quest'anno, per il 31, butterò via (davvero o simbolicamente non so) qualcosa che appartiene alla vecchia me, probabilmente un vecchio indumento largo, sperando che, a prescindere dalle mangiate di queste feste, io abbia chiuso definitivamente con quello stile di vita.
 
ingredienti
  • arista di maiale legata, 1 kg (potete sostituire con dell'arrosto, anche di vitello)
  • chiodi di garofano, 5 o 6
  • alloro, 2 foglie
  • salvia, 1 foglia
  • rosmarino, qualche ago
  • cipolla bianca, una media
  • carote, 2 piccole
  • sedano, un pezzetto
  • scorza di arancia, un pezzetto piccolo
  • sale, q.b.
  • olio, 3 cucchiai
  • latte p.s., 350ml
  • brandy (facoltativo, io non l'ho messo)
preparazione

Preparate un trito di cipolla, sedano, carota e scorza di arancia, e versatelo insieme all'olio sul fondo della pentola a pressione.
Ponete sul fuoco e rosolate.

Inserite quindi il tocco di carne in cui avrete inserito i chiodi di garofano, ambo i lati, equamente distribuiti. Sigillate la carne da tutte le parti.
Se scegliete di usarlo (io no) inserite qui qualche cucchiaio di brandy e fate sfumare.

Inserite i restanti aromi, il sale, e per ultimo il latte.
Chiudete il coperchio a pressione, e dalla fuoriuscita del vapore fate cuocere 40-45 minuti.
Spegnete e lasciate in pentola. Sentirete che profumo!

Una volta fredda, aprite la pentola a pressione e scolate l'arista.
Tagliate la rete o lo spago con delle forbici e tagliate a fette molto sottili.
Con un frullatore ad immersione frullate il fondo di cottura, che io ho servito così com'è. Volendo potete addensarlo con un po' di farina (senza glutine per i celiaci) e farne una salsa più densa, che sarà indispensabile per l'accompagnamento del piatto.

Disponete le fette a strati in un conenitore dai bordi alti, irrorandole con la salsa strato per strato.
Chiudete col coperchio e lasciate a insaporire per qualche ora.
Quindi disponete in un piatto a servire, scaldate al microonde, e servite con la rimanente salsa a parte.


-----------
© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

martedì 24 dicembre 2013

Il mio albero di natale in pasta brioche: Yule, il solstizio, la lentezza

Da una ricetta nata per caso,  nel tentativo di recuperare un impasto non incordato, sono iniziate molte riflessioni sulla celebrazione del Natale. Questo piccolo semplice lievitato, fatto di pasta brioche, mi ha fatto pensare a come voglio vivere quest'anno la mia festa invernale. Non è una ricetta sicura e collaudata, è solo un esperimento, ma penso che se leggerete capirete perché la pubblico ugualmente.

albero di natale in pasta brioche

Ti senti stanco? Fermati. Ringrazia la tua stanchezza.
La fatica ha un senso, ascoltala.
Non andare oltre, c'è un tempo per fare e uno per fermarsi a godere di ciò che si è fatto.


Nella rappresentazione dei mesi dell'anno, il solstizio d'inverno si trova all'estremo inferiore della Ruota, e da lì si comincia a risalire. Questo è il periodo in cui viviamo le notti più lunghe dell'anno.

In alcune culture in questa stagione si rappresentano due personaggi, il Vecchio Re Agrifoglio, simbolo dell'anno che muore, e il Nuovo Re Quercia, simbolo dell'anno che nasce. Avete mai visto degli alberi di Quercia e di Agrifoglio? Io sì, recenemente ho passeggiato in un bosco di agrifogli giganti e di querce secolari, e posso assicurarvi che camminare in sentieri lontani dalla civilizzazione ti restituisce una prospettiva diversa sul mondo.

Questo perché siamo elementi della natura, ma nel tempo ci siamo desensibilizzati al contatto con essa. Molti dei nostri disagi sono legati a questo, e solo un ritorno ad un contatto con gli elementi dei creato e ad un ritmo più naturale possono indicarci la strada del benessere.

Per sentire dentro di noi questa festa dalle radici antichissime è importante sentirci parte del Cerchio della Vita: qualunque valore diamo al nostro Natale, tornare all'archetipo di queste festività ce ne restituisce il senso.

Abbiamo bisogno di pensarci dentro ad un tempo che si chiude e si rinnova continuamente, in un ritmo incessante che porta avanti le cose. Se vivete in campagna, o se avete modo di osservarla quotidianamente, vi accorgerete che questi pensieri hanno un senso.

Ultimamente sono stata molto presa dal "fare". Pensieri, affanni, preoccupazioni, progetti, mi hanno portato lontano (per fortuna non troppo) dal sentire il mio corpo e le sue necessità. Ero distratta. Ma non tutti i guai vengono per nuocere: fatalità ha voluto che tutto questo fosse la causa della mia insonnia, forse dettata proprio da quel corpo che si è ritrovato a vivere in veglia, e non in riposo, le notti di questo periodo.

Nelle notti più lunghe dell'anno Mela era sveglia, a pensare, a guardare l'alba spuntare, il sole sorgere su un cielo dipinto di latte. Nelle notti più lunghe dell'anno Mela guardava la notte riempirsi di silenzio e odore di legna nelle stufe. Fino a ieri.

Pensate alle piante, che ben rappresentano questo processo: dove il nostro occhio non vede, in questo periodo loro si chiudono nelle profondità del loro essere, l'energia volge al cuore, abbandona i rami ormai spogli e si rintana nel tronco e nelle radici per proteggersi e rigenerarsi.

C'entra qualcosa tutto questo con la mia cucina? Oh, sì.
Natale, festa della luce e della gioia nel cuore. Quella che nasce dalle cose più semplici, non dalle più fastose.

Avevo grandi progetti per questi giorni: sono una passionale che si entusiasma facilmente, e volevo fare tante cose. Molte le ho fatte, ad onor del vero. Ma ogni esperienza deve servirci a rimanere in ascolto di noi stessi, ad imparare qualcosa sulle nostre possibilità.

Il mio alberello di Natale nasce da un errore, da una buona intenzione che si è trasformata strada facendo, per stanchezza, in un'opportunità per riflettere.
Mai staccarsi dalla propria lista di priorità. Mai dimenticarsi di chiedersi cosa conta veramente.

Spesso abbiamo priorità legate al "si deve" più che al "ho bisogno di".
Che le feste siano un'occasione per fermarci, celebrare la notte che muore e la luce che avanza, per tornare a noi stessi e alla nostra semplicità.

Non abbiamo bisogno di molto: mangiare bene (non troppo), camminare un poco, bere tanto, riposare. Circondarci di cose e persone che amiamo. Fare una pausa prima del nuovo anno.
E' il mio augurio per voi.


ingredienti

Attenzione: questa non è una ricetta sicura, ma ha avuto un buon esito.
Non nasce da un bilanciamento ragionato degli ingredienti,
ma dalla necessità di recupero di un impasto non incordato.
Si ispira alle ricette di Adriano, Paoletta, Alessandra, in un mix sui generis!
  • 200 gr di farina w 400
  • 220g di farina Petra 1
  • 60g di acqua
  • 85g di latte di soia
  • 120g di zucchero
  • 120g di burro bavarese
  • 2 uova medie + 1 tuorlo
  • 30g di lievito naturale secco
  • 6gr di sale
  • 1 cucchiaino di miele
  • 2 cucchiaini di pasta d'arancia
  • 50gr di gocce di cioccolato
  • zucchero a velo, ciliegie candite e confettini per decorare
preparazione

Al mattino, alle  7,30
Ho preparato in un bicchiere un poolish con
  • 100gr acqua, 
  • 50gr farina w400, 
  • 10g di lievito naturale secco
  • i semi di mezza stecca di vaniglia.
Ho mescolato tutti gli ingredienti e ho messo in frigo, chiuso ermeticamente (tempo consigliato 8-12 ore).

Di pomeriggio, ore 17
Ho tirato fuori il poolish dal frigo e nel frattempo ho preparato una biga con:
  • 50gr di farina w400
  • 20g di lievito naturale secco
  • il cucchiaino di miele
  • 30gr di acqua tiepida, 
  • un tuorlo d’uovo.
Ho coperto con pellicola e posto in forno spento con luce accesa, circa 26° per un'ora e mezzo (fino al raddoppio).

Quindi, con una serie di errori, sono arrivata a questo procedimento:

Ho versato  nella ciotola del kenwood con gancio a foglia poolish e biga,
ho aggiunto 100g di farina w400 e ho portato lentamente a velocità 2.
Una volta incordato ho rallentato e aggiunto 24g di zucchero e un tuorlo, simultaneamente.
Ho fatto incordare.
Ho poi aggiunto, simultaneamente, l'altro tuorlo insieme ad altri 24gr di zucchero.

Ho poi montato il gancio ed unito 53gr di burro a microscopici pezzi, poco alla volta.
Riprendere l'incordatura.

  • A questo punto, per temperatura troppo elevata dell'impasto, non sono riuscita a incordare di nuovo. Ho quindi proseguito così:

Ho montato la foglia e aggiunto in ciotola 220g di farina Petra 1, il latte di soia appena scaldato, e ho mescolato fino alla ripresa dell'incordatura.
Mentre impastava ho aggiunto acqua a filo finché l'impasto riusciva a prenderne (60gr).

All'incordatura ho aggiunto un albume e metà dello zucchero rimasto (circa 36g), ho incordato.
Poi ho unito l'altro albume con i rimanenti 36g di zucchero e il sale.

Ad ogni inserimento ho atteso che l'impasto si aggrappasse alla foglia.
Quindi ho aggiunto l'emulsione fredda di frigo, a piccolissime dosi (punta di cucchiaino) per non fare smollare.

A questo punto ho unito il burro restante (67gr) freddo di frigo a piccoli pezzi, poco per volta.
Ho incordato. L'impasto si presentava lucido e ben legato.
Ho unito le gocce di cioccolato e fatto andare per una decina di giri al massimo per non scaldare l'impasto e scioglierle.

Ho versato sulla spianatoia e pirlato leggermente, quindi ho fatto riposare 30 minuti coperto a campana con la ciotola del kenwood.

Dopo 30 minuti dovevo decidere cosa fare di questo impasto.
Alessandra  mi ha suggerito di mettere direttamente in pirottino, allora io ho fatto così:
ho scelto uno stampo a forma di albero di natale, e ho diviso l'impasto in tanti pezzetti di diverso peso, che ho formato come per le brioche (vedi).

Ho iniziato dalla cima, poi ho fatto i rami laterali, poi la base ed infine ho riempito il centro con le palline rimanenti.

Essendo un impasto molto ricco di lievito (era partito così perché doveva essere un pandoro!) non ho messo in forno con luce spenta perché temevo lievitasse troppo in fretta. Ho lasciato sul tavolo della cucina (circa 18°) per tutta la notte, dopo aver coperto lo stampo con pellicola trasparente e con due strofinacci di cotone, senza schiacciare.
Con temperature più alte regolateci di conseguenza, potrebbe crescere molto prima.

L'indomani si presentava quasi al bordo dello stampo.
Ho spennellato con latte e inserito alcune ciliegie candite nei rami laterali.
Ho infornato a 170°, forno statico, livello basso, con una spruzzata di vapore sulle pareti.
Dopo 30 minuti ho inserito un termometro a sonda, ho sfornato ad una temperatura di 90° al cuore (sonda inserita in orizzontale da una piega del ramo).

Prima di decorare ho atteso che fosse completamente freddo. I confetti possono essere incollati con miele o glassa di zucchero.
Si gusta meglio dopo 24/48 ore, conservato in busta microforata.

-----------
© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

martedì 10 dicembre 2013

Pandolce glassato alto con lievito madre, ricetta di Paoletta

Questo pandolce potrebbe somigliare vagamente ad un panettone, ma non lo è. Ciononostante gli si avvicina: un impasto briosciato dal sapore intenso, che ho scelto di aromatizzare con canditi all'arancia e con glassa mandorlata.

Pandolce glassato

Paoletta lo chiama "pandolce fruttato", e lo propone in versione con tanti canditi di diverso gusto. Io invece l'ho provato in varie versioni: senza canditi, senza glassa, senza emulsione, senza frutta, senza liquore strega, e alla fine ho scelto questa. Ho provato diverse volte prima di arrivare al risultato che mi soddisfaceva.

La prima volta, per errore, non mi sono accorta che la ricetta originale di Paoletta fosse per pirottini bassi, uno da 500g ed uno da 700g. Ho semplicemente diviso le dosi a metà, ottenendo così circa 600gr di impasto o poco più. Io ho qui usato un pirottino alto da mezzochilo, calcolando i canonici 550g di impasto da versarvi prima della seconda lievitazione. Quel che mi è avanzato (circa 50g) è diventato un monoporzione in stampo da muffin.

Il risultato è come lo vedete: è cresciuto abbastanza in fretta (il lievito era ben in forza) e con una bella cupoletta finale.

Pandolce glassato

A farlo mi diverto tantissimo: non è troppo difficile, non ha tanti impasti come il panettone, si incorda più facilmente (ma non prendetelo sottogamba). La biga permette persino di cimentarsi anche se non si ha il lievito madre!

La trovo una ricetta azzeccatissima. Non vi resta che provare per credermi!
(Le dosi e la versione originale le trovate sul blog di Paoletta)
ingredienti

Per un pirottino da panettone alto da 500gr
(le dosi per quelli bassi sono nel post di Paoletta

  • 75gr di lievito madre rinfrescato 2 o 3 volte, e maturo,
    oppure una biga preparata 18 ore prima con 50 gr di manitoba, 25 gr di acqua e 1 gr di lievito di birra
  • 190 gr di farina W330/350 (io molino rossetto)
  • 47,5 gr di acqua
  • 32,5 gr di latte di soia
  • 60 gr di zucchero
  • 45 gr di burro
  • 1 uovo
  • 2 tuorli
  • 4 gr di lievito di birra fresco
  • 3 gr di sale
  • 1/2 cucchiaio di liquore strega amaretto
  • 1/2 cucchiaino di estratto di vaniglia home-made (in alternativa i semini di una bacca nel latte sopraindicato,  scaldato e lasciato intiepidire)

Per aromatizzare:
  • 100g di arance candite di ottima qualità (potete usare anche uvetta o gocce di cioccolato surgelate, purché il peso complessivo sia di 100g)
  • 50g di pasta d'arancia*
*Per la pasta d'arancia (ricetta di Ginestra)

  • la buccia e la polpa di un'arancia non trattata
  • 50 g di glucosio, 
  • 80 di zucchero semolato
  • 100 di zucchero a velo
Frullare tutto al mixer. 

Per la glassa: 
  • 50 gr di farina di mandorle
  • 80gr di zucchero
  • 50g di albumi
  • 10g di amido di riso o fecola di patate
  • qualche goccia di aroma mandorla amara

preparazione

Pomeriggio
Preparare la glassa:
frulla insieme tutti gli ingredienti e poni in frigo a riposare.

Sera, dopo cena (ore 20-21)
Nella ciotola dell'impastatrice versa il latte di soia, l'acqua, 1 cucchiaio di zucchero preso dal totale e il lievito madre.

Mescola a bassa velocità con la foglia fino a quando la pasta madre sarà idratata ma non sciolta.

A questo punto aggiungi tanta farina quanta te ne serve ad ottonere un impasto della consistenza di una crema pasticciera soda.

Sbriciola il lievito di birra sull'impasto e fai girare una ventina di secondi.

Aggiungi adesso tanta farina quanta te ne serve a formare un impasto molto morbido ma legato, e continua a vel. minima per un paio di minuti.
Poi alza la vel. e attendi che l'impasto si aggrappi quasi del tutto alla foglia.

Quindi unisci 1 uovo, 1 cucchiaio raso di zucchero poi, dopo pochissimi secondi, circa 4 cucchiai di farina.  Aspetta che l'impasto torni in corda e si aggrappi alla foglia

Prosegui con i tuorli seguiti da un terzo dello zucchero e da un paio di cucchiai di farina.

Con l'ultimo tuorlo e l'ultima parte di zucchero, aggiungi anche il sale.
Attendi sempre che, ad ogni inserimento, l'impasto torni in corda e si aggrappi quasi completamente alla foglia. Ogni tanto capovolgi l'impasto.

Unisci il burro morbido a piccoli pezzi e in tre volte, ad ogni inserimento ribalta l'impasto.

Versa il liquore a filo, a piccolissime dosi, facendo attenzione a non perdere l'incordatura, poi la vaniglia con la stessa modalità.]

Inserisci il gancio poi unisci la massa di scorzette di arancia insieme alla pasta d'arancia, quindi impasta brevemente col gancio e a bassissima vel. fino a quando l'impasto si è stretto sul gancio e continua per 3 o 4 volte ribaltando fino a quando la frutta non si è ben distribuita e il burro assorbito.
In questa fase fai molta attenzione: non appena l'impasto si è aggrappato al gancio, spegni immediatamente e capovolgi la massa.

Ore 22-23
Fai puntare l'impasto circa 1h poi, dopo averlo arrotondato, metti in una ciotola leggermente unta, copri con pellicola e poni in frigo (8/12h a 5/6°).

Al mattino (trascorse le 8-12 ore)
tira fuori la ciotola, lascia che l'impasto torni a temp. amb.
Arrotonda e lascia riposare 30' poi poni nello stampo (l'impasto deve avere il 10% in più dello stampo, quindi in un pirottino da mezzochilo ne ho usato 550 gr,  max 600gr, e col resto ho fatto un panettoncino monoporzione in stampo da muffin) e attendi che arrivi al bordo.

Pomeriggio
Ricopri quindi con la glassa versata in una sac a poche, tracciando delle linee orizzontali sulla superficie, decora con un po' di granella di zucchero, mandorle a scaglie e pezzetti di noce.

Inforna in forno statico o termoventilato (ventilato delicato per pasticceria) a 170°/175° circa  --- (abbassa un po' se vedi che colorisce troppo, eventualmente copri con un foglio di carta d'alluminio o cartaforno)

per 30/40' (pezzatura da 500 gr)
o per 50' (pezzatura da 750 gr.)
Se hai un termometro sforna a 96°o fai la prova stecchino.

Capovolgi infilzando con degli spiedi o ferri da maglia e appendi a testa in giù per qualche ora.

Da freddo, spolvera con abbondante zucchero a velo e conserva in una busta per alimenti.
Le temperature e il tempo di infornata sono indicative e variano a seconda dei forni.


-----------
© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

martedì 3 dicembre 2013

Pandoro con lievito madre secco o con lievito di birra, senza sfogliatura, da ricetta di Adriano Continisio

Quest'anno ci riprovo, e comincio dal Pandoro. E' una versione senza sfogliatura, non è particolarmente difficile, e con l'uso del lievito di birra o del lievito naturale secco i tempi non sono eccessivamente lunghi.

Pandoro con lievito di birra o con lievito naturale secco

Conoscete il lievito naturale secco? Ormai è un prodotto abbastanza diffuso. Non è sicuramente un lievito madre: io che li uso entrambi posso dirvi che, a mio parere, il lievito madre è imbattibile, tanto nella gestione quanto nella perfezione dei risultati in termini di gusto, aroma e sofficità.

Però non è semplice da curare, né da utilizzare soprattutto in impasti elaborati come i grandi lievitati. E così, quando mi ritrovo a doverne sfornare parecchi in poco tempo, mi aiuto con il lievito naturale secco, prodotto in busta che migliora la resa rispetto al lievito di birra (e che, per altro, lo contiene pure in una piccola percentuale).

Pandoro con lievito di birra o lievito naturale secco

Di questa ricetta, ad esempio, ho sperimentato strettamente a confronto le due versioni: una con lievito di birra ed una con lievito naturale secco. Entrambe buonissime e raccomandate, ma la seconda è più soffice e aromatica, oltre che più durevole nel tempo.

Quindi, a voi che volete provare ma senza troppo stress, lascio queste due versioni, la prima di Adriano e la seconda modificata nell'uso del lievito. I miei risultati, come vedete, non sono perfetti (la tecnica è difficile!) ma il divertimento è garantito.

Pandoro con lievito di birra o lievito naturale secco

 ingredienti

Ingredienti totali per un pandoro da 1kg:
  • farina 478gr (W400)
  • zucchero a velo 167gr
  • burro 240gr (io burro bavarese)
  • panna 100gr (35% grassi)
  • acqua 127gr
  • 5 tuorli
  • cioccolato bianco 55gr
  • lievito di birra fresco 11gr (oppure lievito naturale secco, 30g)
  • sale 7gr
  • 1 cucchiaino miele di acacia
  • vaniglia in polvere (oppure 1 stecca di vaniglia)
  • estratto di vaniglia
preparazione

Di seguito i tempi della mia preparazione, il procedimento descritto è quello di Adriano a cui ho aggiunto le mie note.

Al mattino, ore 7,30: poolish
  • 100gr acqua,
  • 50gr farina,
  • 4gr lievito,  oppure 10g di lievito naturale secco
  • vaniglia in polvere (opp. raschiatura di mezza stecca di vaniglia).
Mescoliamo tutti gli ingredienti e riponiamo in frigo, in un contenitore ermetico, a 5° per 12 ore (fino ad un massimo di 15 ore)

Pomeriggio  ore 17,00: biga
  • 1 cucchiaino di miele
  • 7g di lievito di birra o 20g di lievito naturale secco
  • 53g di farina
  • 27g di acqua tiepida
  • 1 tuorlo
Tiriamo fuori dal frigo il  poolish.
Contemporaneamente prepariamo una biga in questo modo:
sciogliamo 7gr di lievito  (o 20g di lievito naturale secco) ed il cucchiaino di miele in 27gr d’acqua tiepida,
uniamo 53gr di farina ed infine un tuorlo d’uovo.
Copriamo ed aspettiamo che raddoppi (circa un’ora) a temperatura ambiente. Con lievito naturale secco circa 90 minuti a 26° in forno con luce accesa.

Primo impasto, ore 18,30
  • 100g di farina
  • 2 tuorli
  • 23+24g di zucchero
  • 53g di burro

Mettiamo i due lieviti (biga e poolish) nella ciotola dell’impastatrice,
aggiungiamo 100gr di farina,
avviamo, con la foglia, e lentamente portiamo a vel. 2, incordiamo.
Rallentiamo a vel. 1 ed aggiungiamo un tuorlo subito seguito da 23gr di zucchero, incordiamo.
Inseriamo l’altro tuorlo con altri 24gr di zucchero, incordiamo.
Montiamo il gancio e rivoltiamo l’impasto nella ciotola, avviamo e serriamo l’incordatura.
A vel. 1,5 inseriamo 53gr di burro morbido a pezzetti piccolissimi e gradualmente. Lasciamo girare fino a che diventa elastico.
Copriamo direttamente nella ciotola  e mettiamo a 26° fino al raddoppio (8 ore con lievito di birra, con lievito naturale secco tutta la notte).

L'indomani, ore 7,00
Emulsione
  • 67g di burro
  • 33g di panna
  • 55g di cioccolato
  • vaniglia, mezza stecca
Prepariamo un’emulsione con 67gr di burro, 33gr di panna, il cioccolato (55g) e mezzo cucchiaino da caffè di vaniglia in polvere (oppure raschiatura di mezza stecca),
ponendo gli ingredienti in un bagnomaria tiepido (attenzione che non sia troppo caldo altrimenti il cioccolato granisce).

Secondo impasto (a seguire)
  • 77g di panna
  • 2 tuorli
  • 275g di farina
  • 7g di sale
  • 120g di zucchero
  • 120g di burro
  • estratto di vaniglia

Mettiamo nella ciotola con il primo impasto la panna rimanente, 1 tuorlo, 2/3 della farina rimanente ed avviamo con la foglia.
incordiamo a vel. 2 (rovesciamo di tanto in tanto l’impasto).
Rallentiamo a velocità 1, inseriamo il secondo tuorlo con lo zucchero, in tre volte, in sequenza con la rimanente farina,
riprendendo l’incordatura prima del successivo inserimento. Prima che incordi del tutto unire il sale.

Quando l’impasto è bene in corda rallentiamo ed aggiungiamo l’emulsione (appena tiepida, ma ancora fluida)  un cucchiaino alla volta fermandoci di tanto in tanto per serrare l’incordatura.

Montiamo il gancio ed inseriamo il burro rimanente, appena morbido, a vel. 1.5, alla fine aggiungiamo l’estratto di vaniglia.
Lavoriamo, rovesciandolo un paio di volte, fino ad ottenere la consistenza ottimale. L’ impasto dovrà presentarsi perfettamente liscio e lucido, quasi gelatinoso.

Lasciamo riposare mezz’ora poi diamo le pieghe (quelle del secondo tipo).

A questo punto abbiamo due strade: se non vogliamo rischiare, dopo 15 minuti dalla pieghe, avvolgiamo stretto e mettiamo nello stampo imburrato ma non infarinato, copriamo con pellicola e poniamo a 26° fino a che non raggiunge il bordo (con lievito naturale secco ci sono volute 6 ore).

Oppure, se vogliamo ottenere un prodotto superiore mettiamo in frigo a 7 – 8° fino al mattino successivo, dopodichè tiriamo fuori, aspettiamo che ritorni morbido, pieghiamo ancora (questa volta molto delicatamente) e mettiamo negli stampi imburrati. Copriamo con pellicola e poniamo a 26° fino a quando non raggiunge il bordo e lo supera.

Inforniamo
a 180° fino a sviluppo (7 – 8 mn.) poi riduciamo a 170° fino a cottura, circa. 30 mn. (fare la prova stecchino) – temperatura al cuore 96°.
Attendiamo il raffreddamento prima di sformare.

Sformatura
La tecnica migliore per evitare che si afflosci una volta cotto, è quella di lasciarlo intiepidire dritto nello stampo fuori dal forno.
Dopo un quarto d'ora circa inclinarlo leggermente sul piano favorendo la fuoriuscita del vapore
e avendo cura di ruotare man mano lo stampo con pause di 10’.
Si toglie dallo stampo una volta completato il giro e raffreddato il pezzo.
Solo dopo alcune ore, quando è veramente freddo, si imbusta.

-----------
© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

www.mammole.it Ticker
E' per questo che ogni tanto latitiamo...