Un piatto tradizionalissimo delle estati siciliane, queste melanzane si prestano ad alcune varianti, tutte estremamente irresistibili. Quella fritta, con panatura "a cotoletta" (come se fosse una milanese). Quella grigliata, su piastra o braci, con panatura semplice (olio d'oliva & pangrattato). Aromatizzate con menta fresca sono un tripudio di sapore. Una sola parola: commoventi.
Se vi trovate a visitare Palermo, e siete appassionati di turismo enogastronomico, non potete fare a meno di inoltrarvi in quelli che sono i mercati storici della città.
Di radice fortemente araba, tanto da ricordare i suk tunisini, sono luoghi in cui colori, odori, e caratteristici suoni, vi invaderanno in un solo istante. I venditori spesso abbannìano la loro merce per attrarre i compratori, esprimendosi in creative performarce del tutto irripetibili, e che spesso fanno storia all'interno di una o più generazioni della città.
In questi mercati, ma in realtà in ogni angolo di strada della città, potete trovare venditori ambulanti, friggitorie, gastronomie, rosticcerie, tutti luoghi in cui è acquistabile lo street-food del luogo, che al di là del neologismo contemporaneo ha origini antichissime.
Insomma, il cibo da passeggio, che si mangia camminando, è fortemente intriso della nostra cultura.
Cibo dei poveri, cibo di chi non aveva tempo di fermarsi, di chi non rientrava a casa per pranzo, di chi non aveva un tetto sulla testa. I siciliani potevano essere poveri anche più di mille anni fa, ma non rinunciavano al buon cibo.
Oggi alcune di queste pietanze sono entrate a far parte dei menù siciliani come antipasti: le mitiche arancine, le panelle, le crocché (o cazzìlli), le verdure in pastella nel coppo di carta, i bianchetti in frittelle, e così via.
Le melanzane a cotoletta fanno parte di questa tradizione: sono buonissime, fritte, e si mangiano con le mani. Se invece ve le servono a tavola, potete tranquillamente tagliarle con coltello e forchetta.
Si trovano spesso nei buffet estivi: la melanzana violacea, qui al sud, fruttifica da maggio a ottobre (in alcuni casi anche di più), ed è un frutto (anzi, per meglio dire una bacca, lo sapevate?) molto apprezzato: contiene vitamine B e C, acido folico, potassio, fosforo, sodio e calcio.
La melanzana ha un polpa capace di assorbire molto i liquidi, e per questo rende bene in preparazioni nelle quali riesce ad assorbire condimenti ed odori.
Stimola la produzione della bile, con proprietà simili a quelle del carciofo, aiuta a ridurre il colesterolo, ed ha azione antibatterica.
Ottima per le diete dimagranti (18 calorie per 100 grammi), ha pochissime calorie, ma quasi sempre, nelle preparazioni, è molto condita e ricca. La verità, però, è che sono buone anche nella loro forma più semplice (ad esempio, leggermente lessate con olio e menta).
Quando si parla di melanzane, non vi viene subito in mente la cucina siciliana? Ed in effetti furono proprio gli arabi, all'inizio del medioevo, a portarla in queste terre, dalle quali poi si diffuse nel resto della Penisola. Veniva conservata in salamoia e condita con spezie piccanti, e il suo nome arabo è badingian: approdata in sicilia, venne chiamata melo badingian, da cui melangian. Il suo significato (mela non buona) è legato al fatto che la melanzana è tossica se consumata cruda, e per essere mangiata dev'essere quasi sempre spurgata e cotta.
La ricetta che vi propongo è un classico, in tutte le famiglie si prepara: alcuni omettono il passaggio nella farina, e le passano solo in uovo e pangrattato. L'infarinatura, tuttavia, conferisce una certa consistenza alla panatura, e la rende spessa e croccante, fungendo anche da isolante rispetto all'assorbimento della polpa.
Nella descrizione della ricetta vi propongo la frittura in olio, ma possono anche essere cotta su griglia appena unta.
Di radice fortemente araba, tanto da ricordare i suk tunisini, sono luoghi in cui colori, odori, e caratteristici suoni, vi invaderanno in un solo istante. I venditori spesso abbannìano la loro merce per attrarre i compratori, esprimendosi in creative performarce del tutto irripetibili, e che spesso fanno storia all'interno di una o più generazioni della città.
In questi mercati, ma in realtà in ogni angolo di strada della città, potete trovare venditori ambulanti, friggitorie, gastronomie, rosticcerie, tutti luoghi in cui è acquistabile lo street-food del luogo, che al di là del neologismo contemporaneo ha origini antichissime.
Insomma, il cibo da passeggio, che si mangia camminando, è fortemente intriso della nostra cultura.
Cibo dei poveri, cibo di chi non aveva tempo di fermarsi, di chi non rientrava a casa per pranzo, di chi non aveva un tetto sulla testa. I siciliani potevano essere poveri anche più di mille anni fa, ma non rinunciavano al buon cibo.
Oggi alcune di queste pietanze sono entrate a far parte dei menù siciliani come antipasti: le mitiche arancine, le panelle, le crocché (o cazzìlli), le verdure in pastella nel coppo di carta, i bianchetti in frittelle, e così via.
Le melanzane a cotoletta fanno parte di questa tradizione: sono buonissime, fritte, e si mangiano con le mani. Se invece ve le servono a tavola, potete tranquillamente tagliarle con coltello e forchetta.
Si trovano spesso nei buffet estivi: la melanzana violacea, qui al sud, fruttifica da maggio a ottobre (in alcuni casi anche di più), ed è un frutto (anzi, per meglio dire una bacca, lo sapevate?) molto apprezzato: contiene vitamine B e C, acido folico, potassio, fosforo, sodio e calcio.
La melanzana ha un polpa capace di assorbire molto i liquidi, e per questo rende bene in preparazioni nelle quali riesce ad assorbire condimenti ed odori.
Stimola la produzione della bile, con proprietà simili a quelle del carciofo, aiuta a ridurre il colesterolo, ed ha azione antibatterica.
Ottima per le diete dimagranti (18 calorie per 100 grammi), ha pochissime calorie, ma quasi sempre, nelle preparazioni, è molto condita e ricca. La verità, però, è che sono buone anche nella loro forma più semplice (ad esempio, leggermente lessate con olio e menta).
Quando si parla di melanzane, non vi viene subito in mente la cucina siciliana? Ed in effetti furono proprio gli arabi, all'inizio del medioevo, a portarla in queste terre, dalle quali poi si diffuse nel resto della Penisola. Veniva conservata in salamoia e condita con spezie piccanti, e il suo nome arabo è badingian: approdata in sicilia, venne chiamata melo badingian, da cui melangian. Il suo significato (mela non buona) è legato al fatto che la melanzana è tossica se consumata cruda, e per essere mangiata dev'essere quasi sempre spurgata e cotta.
La ricetta che vi propongo è un classico, in tutte le famiglie si prepara: alcuni omettono il passaggio nella farina, e le passano solo in uovo e pangrattato. L'infarinatura, tuttavia, conferisce una certa consistenza alla panatura, e la rende spessa e croccante, fungendo anche da isolante rispetto all'assorbimento della polpa.
Nella descrizione della ricetta vi propongo la frittura in olio, ma possono anche essere cotta su griglia appena unta.
- melanzane tunisine*, 3 medie
- uova, 4
- pangrattato, q.b.
- olio e.v. d'oliva, q.b.
- sale
- farina bianca, q.b.
- prezzemolo e/o menta , q.b.
Tagliare le melanzane lavate a fette, a me piacciono non troppo spesse, così da diventare più croccanti. Se necessario asciugatele.
* Questa varietà di melanzana non necessita di spurgatura, non avendo il caratteristico sapore amaro.
In una terrina sbattere le uova con una presa di sale.
Passare le fette prima nella farina, poi nell'uovo sbattuto, poi nel pangrattato insaporito con gli aromi. Trovo che con la menta siano fantastiche.
Scaldate l'olio in un tegame , in modo da ottenere almeno 4 dita di olio.
Non versate le fette finché l'olio non ha raggiunto la massima temperatura.
Cuocete poche fette per volta per non abbassare la temperatura dell'olio, e lasciatele abbastanza larghe tra di loro, anche se questo significa friggerle solo un paio per volta.
Questa tecnica è il segreto perché non assorbano molto olio, assumedo un sapore stucchevole.
Dorate da entrambi i lati, e asciugate su carta assorbente. Servite fredde, calde, tiepide... sono eccellenti 'a comu egghiè (in qualsiasi modo).
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