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venerdì 27 febbraio 2015

Lo sport che cura il corpo e la mente: i miei consigli per iniziare

L'attività fisica è indispensabile per la nostra salute, non solo per la nostra silouhette. A volte iniziare da zero è difficile, ma è un regalo importante che facciamo al nostro corpo ma soprattutto alla nostra mente. Allenarsi sviluppa endorfine, e migliora metabolismo e umore per molte ore che seguono il nostro allenamento.

trovata su kalenji-running.com/it


Sono mesi di pioggia battente, nella bella Sicilia. Tra le scuse che da quando è iniziato l'inverno  inventavo a me stessa per giustificare la mia mancanza di allenamento fisico, la pioggia la faceva da padrona. Domenica scorsa (giorno di pioggia incessante, manco a dirlo!) ho detto "io ricomincio: che può succedermi? Mi verrà una febbre o un raffreddore? Poi passeranno e tornerò ad allenarmi con un sistema immunitario migliore".

Dall'inizio di questa settimana ho ricominciato a correre. Sì, a correre.
Non lo avrei mai pensato, eppure è successo: credevo che le camminate veloci sarebbero durate parecchio, dato il lungo periodo di fermo dagli allenamenti (sei mesi).

E invece, già al primo giorno sentivo la voglia prudere sotto le gambe smaniose di correre (ma ho troppa paura dei miei problemi ortopedici e articolari).
Al secondo giorno correvo 15 minuti di fila, al diavolo le articolazioni (si fa per dire)!
Al terzo giorno ero già a trenta minuti.
Ho corso sotto la pioggia, lentamente ma con una felicità enorme.

Non sono del tutto sicura che il mio ragionamento sul raffreddore sia proprio così, ma quel che importa è la mia convinzione nel credere che la pioggia non può farmi alcun male. A volte i "contenuti" esterni sono solo la parte più insignificante che testimonia invece percorsi mentali ben più significativi.

Sarà la volta buona? Ricadrò in stanchezze, fallimenti, rinunce? Chi può saperlo, il domani deve ancora venire. Se c'è una lezione che ho imparato da questi ultimi sei mesi di mancato allenamento (e tanto altro di poco felice) è che non bisogna mai considerarsi "arrivati".
Quel che conta è l'Oggi: oggi sono di nuovo on-the-road, e questo è importante.

Mentre corro il cervello mi va a mille: è come se si creassero infinite connessioni neuronali che mi portano idee fresche e nuove. Alcune sono riflessioni profonde, altre sono ispirazioni appena accennate, ma tanto benefiche.
Sarà che da tempo pratico uno sport che unisce l'attività fisica alla meditazione, una sorta di consapevolezza (mindfullness) unita al movimento sportivo.
E così la forza muscolare si allena insieme a quella della mente.

La corsa, o la camminata, o la marcia veloce (fitwalking per alcuni) sta attirando tantissima gente, perché è uno sport alla portata di tutti, facile ed economico, e si può praticare in tutte le condizioni.

Essendo ormai una veterana di questo esercizio, ecco i miei consigli sull'argomento.

  • Trova il momento migliore nella tua giornata per praticare esercizio fisico, e se possibile mantieni lo stesso orario di allenamento.Io corro al mattino, perché i miei impegni me lo consentono e perché per me è il momento di migliore energia fisica.

  • Bevo abbondantemente ma fino a un'ora prima del mio allenamento: correre con lo stomaco pieno, o peggio ancora con la vescica pressante, riduce di molto le mie prestazioni (questo non significa cercare delle performance migliori ma anche un senso di benessere indispensabile ad ottenere il massimo del beneficio dall'allenamento).

  • Entro tre ore dall'allenamento non mangio cibo grasso o latticini: prediligo cibi naturali, freschi, e di origine vegetale.

  • È importante procedere gradualmente, e concentrarsi non sull'obiettivo finale ma sull'allenamento odierno. Questo significa che quando ricomincio lo faccio con una passeggiata, o una camminata, o una marcia, aumentando pochi minuti a settimana perché l'impatto sia graduale.

  • Ascolto il mio corpo: contrariamente a quello che ogni coach vi dirà, non seguo un programma pre-definito. Per ogni sessione, lascio che sia il mio dialogo interiore a guidarmi verso il mio allenamento migliore. Cerco di muovermi all'interno delle mie oscillazioni tentando di migliorare nel modo giusto la mia curva di allenamento. Ci saranno giorni in cui ho più energia, momenti in cui ho bisogno di rallentare: questa è la vita, questo è il modo di allenare il mio dialogo corpo-mente, e che sarà il vero risultato definitivo che porterò con me nelle altre attività di ogni giorno. Abbi cura di te oggi, se vuoi tornare ad allenarti domani.

  • Sto molto attenta al mio abbigliamento: banale? Ma non scontato. "Camminatori" non ci si improvvisa. Cominciando da scarpe tecniche indispensabili a prevenire dolori e infortuni (che mi metterebbero in convalescenza dopo pochi giorni), faccio della temperatura corporea una mia alleata. Se fa freddo mi copro di più, se fa caldo mi scopro, scelgo materiali traspiranti per una termoregolazione costante e ideale. Non porto mai pesi con me: niente tracolle, borsellini, né altri accessori legati a qualsiasi parte del corpo. Niente acqua o borsellini. Anche un piccolo peso modifica l'equilibrio e la postura e alla lunga causa dolori e infiammazioni (le chiavi sono ridotte al minimo, non un intero mazzo!).

  • Quando ho troppo caldo (per me raramente, ma siamo ancora in inverno, rallento: i capogiri possono essere pericolosi. Respirare profondamente aiuta a ripristinare il normale battito cardiaco.
Per concludere:  non importa quanto corri, importa che tu oggi corra. Il segreto di iniziare un'attività fisica quando non si è allenati è non pensare in grande (e non fare confronti!) per non scoraggiarsi: ogni minuto di allenamento sarà prezioso e sarà meglio di un minuto passato ad oziare sul divano.


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© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

lunedì 21 luglio 2014

Saluto al sole

Isoletta, giorno due. Saluto al sole.

Finite -si fa per dire- tutte le incombenze che hanno completato il mio trasloco qui, cerco di riappropriarmi di un allenamento non cittadino.
Il corpo rattrappito sembra estraneo. Eppure è mio.

Centrata sul punto di arrivo ho indossato le scarpe da running pensando di correre, ma mi sono presto ricordata che un cammino si inizia concentrandosi solo sul passo presente. Uno per volta.
Ho così cominciato la respirazione del "solo questo".
Chi sono io?

L'isoletta mi sta scomoda come un paio di scarpe che non indosso da un anno, un abito nel quale devo riprendere la mia dimensione.

L'isola è piena di pigolii di cuccioli di gabbiano e di corone di fiori di capperi.
Oggi 21 luglio, stento a crederci, vuole piovere: sarà per questo che cerco musiche lente e vagamente malinconiche, ma mai tristi.

Non sono triste: penso al significato della parola "mio". Mio è il respiro, l'aria che non mi appartiene ma entra dentro di me per tornare un attimo dopo ad uscire e non appartenermi più.
Mio è il cuore che batte.
Mio è il potere di cambiare le cose.
Mio è il presente e l'aver bisogno di così poco.

Credo che in questo lungo soggiorno mi aspetti un intenso lavoro su me stessa.
Io ho due abiti, io sono due anime: un'anima dagli spazi piccoli che si misurano passo a passo, circondata dal mare in ogni punto, dove tutto è a portata di mano per questo confonde; un'altra anima dagli spazi sconfinati, dove ogni passo è un granello di sabbia, dove ogni confine è segnato da immense montagne, dove l'infinitamente grande e ti fa percepire quanto ciascuno di noi sia infinitamente piccolo.

Questi due luoghi non sono metafore, ma veri scenari della mia esistenza, i luoghi in cui ho messo le mie radici.
Sono trascorsi decenni e non ho ancora imparato come farli convivere senza tempeste del cuore.
Quando guardo l'uno mi manca l'altro, quando mi allontano da uno ne ho nostalgia.
Io, intera e divisa.
Chi sono io?

Oggi io sono il vuoto fertile che non ha risposte. E che per questo è il campo di tutte le possibilità.



sabato 28 giugno 2014

Viaggi

Che profumo ha la felicità?
Quello delle cose così semplici da sembrare banali: profumo di terra, di acqua, di fiori; profumo di legna, di pane, di sole.
Il profumo di chi ami quando ti svegli al mattino, del bucato, di un sorriso.
La felicità ha il profumo di quelle cose che sono sotto ai nostri occhi sempre, ma che abbiamo bisogno di scoprire andando molto lontano da qui, da ora, da noi.
Abbiamo bisogno di tornare ad essere diversi per diventare uguali.
In ogni ritorno c'è una partenza, il desiderio di tornare a quello che eri con il proposito di cambiare tutto. 
Che sia solo un sogno o un progetto realizzabile è un attimo: ci sono viaggi che ti cambiano dentro e che mai scorderai.
Erano lì, proprio dietro un angolo di vita, ed aspettavano solo di essere realizzati.

-all right reserved-


sabato 10 agosto 2013

Pane sull'isola: farina di semola e manitoba 0 in forno a gas old-stile

Questo pane di semola e Manitoba è per me una scommessa: è stato cotto in un forno a gas piccolissimo che ha una sola temperatura (la massima), e lievitato in un clima molto caldo con una percentuale altissima di umidità.

Pane di semola e farina 0 con lievito madre


Ho impiegato tre tentativi per farne venir fuori un pane decente. 
Io, come saprete, uso il lievito madre per panificare, e, quando è arrivato il momento di partire per le lunghe vacanze, la scelta di "cosa farne" del mio "cucciolo" non è stata facile.

Ho deciso di trasferirmi con tutto il vaso corredato di farine per i rinfreschi (del resto, lui non fa ormai parte della mia famiglia?!?), ma inevitabilmente ha un po' risentito del viaggio e si è sbilanciato.
Saprete che il lievito madre contiene tanti ceppi batterici responsabili della lievitazione ma anche della salute del nostro intestino. Tra questi, saccaromiceti e lattobacilli. Se alcuni di questi prevalgono, il lievito si sbilancia (potrebbe lievitare lo stesso ma il sapore non sarebbe lo stesso).
E allora via di rinfreschi correttivi.
Io ne ho fatti tre con pari peso di acqua e doppio di farina.
Al terzo tentativo siamo decollati!

Pane di semola e farina 0 con lievito madre

Ci vogliono amore, dedizione, tenacia e pazienza per ottenere dei risultati. Questa è la mia palestra di vita, la mia terapia.
Oggi "mangio" per la prima volta il mio pane: la dieta è finita, mi apro a nuove regole e nuove esperienze.
Buon viaggio a me.

ingredienti
  • 125g di farina di semola
  • 135g di manitoba 0
  • 80 g di lievito naturale o 10g di lievito naturale secco
  • 185g di acqua
  • 1 cucchiaino raso da te di zucchero
  • 1 cucchiaino raso da te di sale

preparazione

Impastate rapidamente tutti gli ingredienti nel boccale dell'impastatrice con gangio k, aggiungendo l'acqua poco per volta (il sale per ultimo, alla fine dell'impasto), per una decina di minuti, e ponete in un contenitore stretto e lungo, coperto da pellicola, in luogo tiepido fino al raddoppio.

Versate su un piano infarinato e allargate da sotto verso i lati, in modo da ottenere un rettangolo.
Date un giro di pieghe del secondo tipo (piegare a tre, a portafoglio), per due volte.
Arrotondate quindi a palla, e portate in tensione l'impasto pirlando come per la preparazione del panettone.
Coprite a campana ed attendete mezzora.

Spezzate ora l'impasto nel numero desiderato, ed avvolgete ogni pezzo dando la forma del filone, come mostrato qui, in foto.

Lasciate lievitare fino al raddoppio, spolverando di farina, sistemando il pane su una leccarda che infornerete o in uno stampo rivestito di cartaforno.


Prima di infornare praticate dei tagli sulla superficie del pane.
Infornate per circa 30 minuti (io in forno a gas ad altissima temperatura), con pentolino di acqua in forno per i primi 15 minuti, poi aprite il forno e lasciate una fessura che faccia uscire l'umidità e abbassare la temperatura.



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martedì 15 gennaio 2013

Shirataki con funghi e verdure: la finta "pasta" dietetica

Gli shirataki di konjac sono un ingrediente della cucina giapponese a forma di spaghetti. A base di glucomannano, non contengono carboidrati, glutine o grassi. Sono completamente naturali e a bassissimo apporto calorico, quindi perfetti per molte diete, intolleranze o regimi alimentari terapeutici. Ma sono anche buoni e sfiziosi, quindi perfetti per la cucina etnica!

Shirataki con funghi e verdure

Vi avevo promesso un nuovo stile su Melazenzero, in linea con la dieta che -finalmente- sto seguendo con impegno. In pratica, però, la scorsa settimana mi sono arenata su due o tre piatti rapidi e alla griglia che mi consentivano di mangiare in fretta e senza il timore di "sgarrare".

Oggi sono al decimo giorno, e fra alti e bassi sono giunta ad un punto di equilibrio: nella prima settimana è stato un tormento, il corpo si ribellava al cambiamento fisico e mentale, e l'umore traballava, ma finalmente, dopo gli 8 giorni (durata soggettiva), l'organismo si è abituato.

Shirataki con funghi e verdure

La disintossicazione ferrea è durata 6 giorni: una settimana di tossine che sono andate via, di bocca amara, di stanchezza ed astenia, di notti insonni. Ma mai di fame.
"Non temere e vai avanti", diceva il mio coach, "è tutto ok, non stai morendo, ti stai solo depurando". Sorrido. Ma qualche volta mi veniva anche da piangere! In tutto questo mi ripetevo che non c'era altra strada, e che in qualche modo me l'ero cercata, in tanti mesi di trascuratezza e mancanza di consapevolezza.

Poi, domenica ho mangiato al ristorante: sempre nel rispetto di alcuni ingredienti, ma è stato bello. E da lì in poi, la strada è stata un pò in discesa. Ho nuovi alimenti consentiti, mantengo il regime rigidamente, e certe volte il dott mi premia con qualcosa di buono, che mi fa piacere più per la buona condotta che per il gusto di mangiare. Sono brava! 

E così oggi mi sono concessa un volo pindarico nella creatività, e ho CUCINATO: immaginate quanto sia importante per me cucinare? Sì, certo che sì, mi conoscete.
C'era un ingrediente che ultimamente studiavo da vicino, e che ho comprato la scorsa settimana, ma che non avevo avuto ancora il coraggio di sperimentare, ma oggi mi sono presa un giorno di vacanza ed ho aperto la mente: ci vuole il giusto spazio mentale per aprirsi ad ingredienti e tecniche sconosciute.

Questo ingrediente sono gli shirataki o Ito Konjaku in Giappone e Moyu o Juruo in China: sono un ingrediente che riscuote grande successo per le sue virtù benefiche. Oltre ad avere appena 15 calorie per 100g; inoltre è ricco di fibre benefiche per l'intestino e povero di grassi e carboidrati.

Essendo a base di glucomannano, una sostanza che si ricava dalla pianta di konjac, ha proprietà anticolesterolo (se usato con regolarità, in dose di 4g di glucomannano al giorno). Ha la capacità di assorbire fino a 100 volte il suo peso in acqua: dentro lo stomaco, a contatto coi liquidi, si trasforma sostanza gelatinosa  che dona un piacevole senso di sazietà e ripulisce le pareti dell'intestino da scorie e sostanze tossiche.

Shirataki con funghi e verdure

Andiamo agli aspetti più pratici.
Io li ho comprati in un negozio etnico al prezzo di circa 6€ al chilo: sono in confezioni da 250g, li vendono in buste di plastica contenenti acqua e spaghetti, annodati o meno. Potete trovarli in vari siti online di cucina zen.

Come si cucinano.
Aperta la confezione, si sgocciolano, si sciacquano, si cucinano in acqua bollente come gli spaghetti, con un tempo di cottura di 6-8 minuti. Poi si condiscono o, meglio ancora, si spadellano col sugo da voi scelto.

Il loro gusto.
Non createvi false aspettative: non sono pasta e non hanno la consistenza della pasta. Somigliano però agli spaghetti di soia, sono un pò gommosi (non in senso negativo però) ed hanno un sapore totalmente neutro. Conditeli con qualcosa di sugoso, così che possano assorbire il sapore del loro condimento... e diventare buonissimi!

Come si condiscono.
Ragù di carne, di pesce, di verdure. Salsa di soia, e tutto quello che vi suggerisce la fantasia. Credo che dalle mie parti li vedrete spesso! Scolateli, spadellateli, conditeli. E gustateli!

ingredienti

Per 2 persone:
  • 250g di spaghetti di shirataki
  • 300g di funghi misti
  • 250g di verdure a vostra scelta (io broccoletti, porri, carote)
  • scalogno 
  • sale, olio, salsa di soia (facoltativa)
preparazione

Cuocete le verdure al vapore, salatele, tenetele da parte.

Pulite i funghi e lo scalogno. Tagliuzzate i primi e affettate a velo il secondo.
Ungete appena la padella di ceramica o antiaderente, unite lo scalogno tritato e aggiungete un pò d'acqua calda per ammorbidirlo.

Nel frattempo mettete l'acqua sul fuoco, scolate e sciacquate gli scirataki e teneteli da parte fino a bollore.

Mettete i funghi in padella, salate e coprite con un coperchio. Se gradite, aggiungete del peperoncino.

Calate gli shirataki, salate e cuocete per 7-8 minuti come normali spaghetti. Scolate.

Spadellate gli shirataki insieme ai funghi e alle verdure che avrete aggiunto, facendo assorbire loro il fondo di cottura.

Servite con salsa di soia, o, in stile italiano, con del formaggio grattugiato.

giovedì 11 ottobre 2012

Plum cake ricotta e yogurt, senza olio né burro: Melazenzero in trasferta all'Open-day sulla merenda italiana

Smaltire la ricotta è per me un problema costante che si ripresenta, dal momento che ne compriamo tanta. Spesso ho voglia di metterla in nuove ricette, ma finisco sempre col farne una classica torta di quelle che si preparano ad occhi chiusi, senza nemmeno pesare gli ingredienti. Questo plum cake ricotta e yogurt nasce così.

Plum cake ricotta e yogurt senza burro né olio

Lo scorso weekend sono stata invitata a Roma, ad un open-day  che aveva come tema  la merenda italiana.
I partner dell'evento sono stati Thetalkingvillage ed alcuni rappresentanti del sito Merendine Italiane (n.b.: in questo post sono presenti link non retribuiti), il quale -ci tengo a specificarlo- non rappresenta un sito sponsorizzato che si riferisce ad un unico brand, ma si riferisce  a tutti i prodotti "grandi marche" presenti sul nostro mercato.
L'invito è stato esteso alle mamme blogger coinvolte in una ricerca sulle abitudini e sulla "consapevolezza" che le mamme hanno riguardo ai prodotti da forno altrimenti noti come Merendine.

La giornata si è svolta sotto un caldo da far invidia all'estate, sotto un'organizzazione perfetta, in una location spettacolare: mentre le mamme disquisivano in un dibattito serratissimo sulle abitudini di consumo e sulla veridicità di alcune informazioni di pubblico dominio, papà e bambini se la spassavano all'interno del Museo Explora (questo link lo metto per farvi rosicare d'invidia perché la location era davvero spettacolare!).

In nostri interlocutori erano alcuni esperti, e come detto anche rappresentanti del sito Merendine Italiane. Abbiamo parlato dell'importanza della merenda come pasto della giornata, dell'impegno oggi raggiunto dalle aziende italiane riguardo alla genuinità delle materie prime e dell'equilibrio nutrizionale delle merendine di oggi, ma anche di scelte consapevoli e di quanto possa essere importante l'informazione corretta e non di parte per noi mamme di oggi. Il sito auspicherebbe ad essere un valido interlocutore per tutte le questioni relative all'informazione sul prodotto.

E' stato più volte sottolineato quanto sia importante un'alimentazione varia e ricca di alimenti freschi (stagionali, a chilometro zero, e così via), ma è stato anche introdotto il concetto che una merendina rappresenta oggi una valida alternativa per la merenda dei ragazzi (perché igienicamente sicura, controllata nel dosaggio degli ingredienti, misurata nel peso e nella quantità), soprattutto per quelle mamme che per ragioni di tempo, di voglia, o di stanchezzapurché si tenga presente che:
  • il movimento e l'attività fisica sono fondamentali nella vita dei nostri figli, e che la dieta non si può sostituire ad una vita attiva (i bambini non dimagriscono digiunando o eliminando determinati alimenti, ma incrementando il loro consumo energetico);
  • il prodotto da forno è un'alternativa da considerare in un bilancio settimanale, e anche mensile, e non può diventare una scelta d'abitudine
Ma riusciamo tutte, sempre, a preparare la merenda in casa, certe che sia la scelta migliore?
Per quelle mamme che non hanno voglia, tempo, energie per cucinare (e capita a tutte, oh se capita!), la merendina non rappresenta quel motivo di preoccupazione e senso di colpa per non essere riuscite a preparare il classico ciambellone della nonna, simbolo universale dell'amore di mamma.

Queste informazioni sembrano andare contro quella corrente di informazioni che demonizza tutti i prodotti industriali, a volte senza che si accompagni ad un'informazione chiara, trasperente, imparziale e attendibile. Insomma, le merendine non sono il male: basta saper scegliere gli ingredienti e la frequenza con cui si consumano.

Questo il concetto che mi porto dietro: a volte fermarsi a riflettere è più difficile di quanto sembri, e le "mode" (strumentalizzate o meno) sono sempre in agguato. La varietà nelle scelte che facciamo a tavola, per noi e per i nostri bambini, resta il principio vincente, e le abitudini -mi permetto di aggiungere- si costruiscono lentamente sin dall'infanzia.

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Cosa ho fatto, tornata a casa? Dopo il lungo dibattito sui grassi (aninali, vegetali, saturi, insaturi, di palma e non... "ma quanto si impegnano le aziende a comunicare in maniera trasparente e ad usare prodotti a chilometro zero?!?"), ho sfornato una torta senza olio né burro: una ricotta magra li sostituisce entrambi, e uno yogurt bianco conferisce la sofficità che avvolge il palato, ma che non guasta la linea.
Fare dolci è bello, ed anche importante dal punto di vista del fare insieme, ma ogni tanto un occhio alla salute non guasta.

Lo stampo è nuovo, è stiamo cercando di fare amicizia: è in silicone, 18cm x 9cm, ed io lo uso mettendolo dentro uno stampo in teflon per fargli mantenere la forma, dato che in cottura, lievitando, i fianchi del dolce potrebbero "allargarsi".

Plum cake ricotta e yogurt senza burro né olio

Per concludere: noi le merendine non le compriamo semplicemente perché non ci piacciono, perché Brioscina è ancora piccola (la merenda va proporzionata all'età), non fa attività sportiva (la merenda va proporzionata al consumo energetico) di conseguenza non sempre mangia tra un pasto e l'altro, e perché cucinare è divertente. Non mi ero mai posta il problema della loro genuinità, ma sono contenta di far parte di questo dibattito, e di farmi portavoce tra voi di una nuova possibilità di dialogo con le aziende.

E voi, cosa ne pensate delle merendineCosa chiedereste ai produttori?
Vi invito a visitare il sito per saperne di più sulla ricerca.
Il mio impegno, nel riferire i vostri commenti.

ingredienti

Per uno stampo da plumcake 25x10cm 
  • 2 uova
  • 140g di zucchero
  • 150g di ricotta
  • 1 yogurt a vostra scelta (meglio bianco)
  • 200g di farina 00
  • 1 busta di lievito per dolci
  • 1 bicchierino colmo di amaretto o liquore a vostra scelta 
Dosi ricalcolate per una tortiera rotonda diametro 26cm:
  • farina, 416gr 
  • ricotta, 312 gr 
  • zucchero, 292 gr
  • uova, 4 (70gr di tuorlo e 142gr di albume)
  • yogurt bianco, 260gr 
  • lievito, 2 buste 
  • amaretto, 2 tappi circa
Per uno stampo a ciambella di diamtro 26cm 
provare a raddoppiare le dosi originarie del plumcake.
 
preparazione

Nell'impastatrice con la frusta montare le uova intere con lo zucchero finché non sono bianche e spumose. Unire quindi lo yogurt e la ricotta e montare ancora.

Aggiungere quindi la farina precedentemente setacciata con il lievito, l'amaretto, e altri ingredienti a vostra scelta (gocce di cioccolato, ad esempio, che io non ho messo).

Cuocere in stampo da plum cake per 45 minuti circa a 175°. Vale la prova stecchino.

venerdì 18 maggio 2012

Fettuccine alla carbonara di zucchine: ricetta semplice e cremosa

carbonara di zucchine

Conoscete la carbonara? Certamente. E' quel piatto tipico della cucina dell'italia centrale, preparato con uova e tanto pepe da farla sembrare color carbone.

Questa variante alle zucchine l'ho conosciuta, molti e molti anni fa, in un ristorante della provincia di Agrigento, a Caltabellotta. Si chiamava La Ferla, e aveva piatti incredibili, tra cui questa pasta condita con una gustosissima cremina  che avvolgeva la pasta e le zucchine a julienne.

carbonara di zucchine

Piatto semplicissimo, ma proprio per questo difficile da riprodurre con un risultato d'eccellenza.
Io lo faccio così: una preparazione rapida ma attenta, perché al minimo errore si rischia di farlo diventare un piatto qualsiasi. Sono certa che ciascuno di voi saprà riprodurlo, leccandosi i baffi!

Il suo vantaggio è quello che può essere preparato in pochi minuti, cuocendo pasta e condimento nello stesso tempo. Il segreto invece è nella cremina che si ottiene dosando il liquido di cottura delle zucchine con l'acqua di cottura della pasta. Provare per credere.

carbonara di zucchine

ingredienti
Per due persone:
  • 200g di tagliatelle
  • 1 zucchina genovese
  • 1 uovo intero
  • parmigiano grattuggiato
  • olio, sale e pepe
  • 1 spicchio d'aglio
preparazione

Lavate e mondate la zucchina, quindi tagliatela a julienne.

Private l'aglio della sua "anima", quindi ponetelo in una larga padella a rosolare con qualche cucchiaio di olio e.v.o.
Versate anche la zucchina, eliminate l'aglio e cuocete a fuoco medio.

Mettete sul fuoco la pentola con l'acqua per la pasta.

Calate le tagliatelle appena bolle, quindi sbattete l'uovo con sale, pepe e parmigiano.

Unite, durante la cottura delle zucchine, qualche cucchiaio dell'acqua di cottura della pasta, quindi fate asciugare tutto il liquido.

Alla cottura della pasta sarà pronta anche la zucchina, ormai ridotta di volume.
Scolate le tagliatelle (tenendo da parte un pò di liquido di cottura che potrebbe servirvi per regolare la cremosità del piatto), quindi versatele nella stessa padella della zucchina, saltate rapidamente.

Spegnete il fuoco, unite l'uovo sbattuto e condito, e saltate ancora.
Servite caldissimo.

mercoledì 9 maggio 2012

Ravioloni di patate al burro e salvia: i culurgiones de casu

ravioloni di patate

Il pecorino la fa da padrone, in questa ricetta di ravioli di patate che non è stata preparata da me, ma che voglio condividere: in uno stand dell'ipercoop, qualche giorno fa, erano esposti dei prodotti sardi, e noi abbiamo fatto incetta di formaggi e anche di questi culurgiones. Non vi dico quanto sono buoni!

E' vero che i nostri formaggi locali non hanno niente da invidiare, ma certi sapori tipici sono piacevoli da riscoprire, ed oggi non è poi così raro avere l'opportunità di visitare fiere o semplimente negozi ben forniti  che rendono il nostro mondo "più piccolo" e raggiungibile. A peso d'oro.

ravioloni di patate

La ricetta è tratta da un ricettario di una mia amica, che tanti e tanti anni fa me la fece copiare sulla mia mitica agenda di cucina: non sono in grado di citarvi la fonte. Con le dosi qui indicate vengono circa 50 ravioli.

Il condimento è volutamente semplice, per gustare il ripieno di patate e formaggio, essenziale ma saporito. Potete accompagnarli ad una vellutata di verdure, o una salsa di pomodoro, o ancora con della ricotta di pecora, che a me piace tanto. O tutti e tre insieme.

In rete ho anche trovato un breve video-tutorial molto carino che mostra come confezionare i culurgiones. Qualcuno aggiunge al ripieno anche un pò di spinaci cotti e strizzati.

ingredienti

Per circa 50 ravioloni

Per la pasta:  

  • farina di semola di grano duro, 300 gr  
  • 150 ml acqua
  • olio, 5g
  • sale, 5g
Per il ripieno:
  • patate a pasta bianca, 800 gr 
  • pecorino sardo , 300g 
  • olio e.v.o., 30g
  • 1/2 spicchio d'aglio
  • menta
  • noce moscata
Per condire:
  • burro
  • salvia
  • noce moscata
  • pepe nero
preparazione

Preparate la sfoglia.Fate un impasto con farina, acqua, sale e olio. Formate una palle, e fate riposare, coperta da un canovaccio, per circa un'ora.
Trascorso questo tempo, stendete con la macchina per la pasta, altrimenti nota come nonna papera.


Prepate il ripieno.
Lessate e schiacciate le patate, e conditele con olio, sale, pecorino grattuggiato, aglio schiacciato, menta fresca (poche foglioline) e noce moscata.
Volendo potete passare tutto al mixer.

Farcite.Stendete la sfoglia più sottile di una lasagna, quindi tagliate con un coppapasta e farcite con un pò di patate. Richiudete a mezzaluna e pizzicate, o in alternativa sigillate con acqua e l'aiuto dei rebbi di una forchetta.


Versate in abbondante acqua bollente salata e cuocete per due o tre minuti (verranno a galla quasi subito).

Condite con burro caldo in cui avete sminuzzato gli aromi, e una spolverata di formaggio grattuggiato.

lunedì 9 aprile 2012

Hot cross buns: panini dolci speziati

hot cross buns

Avevo già da tempo deciso di preparare gli hot cross buns nei giorni del triduo pasquale. Questi panini speziati, dolci, conosciuti nella mia prima infanzia attraverso una filastrocca in inglese, mi hanno sempre affascinato, ed in questi giorni (complice la raccolta di ricette di quaresima) ne avevo letto davvero tanto.

hot cross buns

Pare che abbiamo poteri "magici", e che comunque siano un segno di augurio, di buona salute e di buona fortuna. Che ci si creda o meno, sono comunque un bel regalo da ricevere in dono.
E così, bruciata sul tempo (e ben lieta di esserlo) da Daniela di Menù turistico, mi sono lanciata con ancora più entusiasmo, ed ho usato proprio la sua ricetta.

hot cross buns

Ok, ok, non sono venuti fuori proprio bellissimi, ma io coi lievitati non è che ci vada proprio d'accordo. Però sono buoni! Li ho fatti un pò più piccoli degli orginali, e li ho distribuiti tra parenti e amici, che sembrano aver gradito.
Sono perfetti per una colazione leggera, hanno un profumo molto intenso (anche perché ho usato un bel pò delle mie spezie preferite), li immagino ottimi anche farciti, ma non ho fatto in tempo a provare perché sono finiti subito!

hot cross buns
ingredienti

Per i panini:
  • 50 g di zucchero semolato 
  • 150ml di acqua tiepida
  • 1 cucchiaio raso di lievito secco
  • 450 g di farina
  • 1 cucchiaino di sale
  • 1 cucchiaino abbondante di spezie miste (io ho usato zenzero, cannella, noce moscata e chiodi di garofano, in polvere)  
  • 50 g buccia tagliata sottile di arancio e limone
  • 40-55 ml di latte riscaldato
  • 1 uovo sbattuto
  • 50 g di burro fuso
Per la glassa:
  • 2 cucchiai rasi di zucchero granulato
  • 2 cucchiai di acqua
Per la croce:
  • 110 g di farina
  • 3 cucchiai di acqua
preparazione

Mescolate 1 cucchiaino di zucchero semolato in 150 ml di acqua appena tiepida, poi spruzzate nel lievito secco e lasciatelo riposare fino a che non schiuma. In alternativa seguite le istruzioni sulla vostra confezione.

Nel frattempo setacciate la farina, il sale e le spezie (cannella, noce moscata, zenzero, chiodi di garofano) nella ciotola della planetaria e aggiungete i restanti 50 g di zucchero, l'uvetta e la bucce di agrumi tagliati sottili.

Versatevi al centro il composto di lievito e 40 ml di latte tiepido (37°, ovvero la temperatura che "non vi fa sentire niente" quando vi immergete un polpastrello, dato che si tratta della temperatura corporea), l'uovo sbattuto e il burro fuso.

Cominciate ad impastare a bassa velocità (se non usate l'impastatrice cominciate con un mestolo in legno e poi con le mani)  aggiungendo eventualmente un cucchiaio o due di latte se ce ne fosse bisogno.

Lavorate l'impasto lentamente per circa 6 minuti.

Rimettete la pasta  dentro una ciotola, copritela con una pellicola leggermente unta d'olio, e lasciate lievitare in un luogo tiepido ( ci vorrà circa un'ora per raddoppiare la sua dimensione originale).

Tirate fuori la pasta ed impastatela di nuovo.

Dividete il composto in 12 porzioni (io ho preferito farli più piccoli ed ottenerne di più) formando delle palline e disponetele sulla teglia imburrata o ricoperta di carta forno (lasciando un po’ di spazio tra uno e l’altro per la ulteriore lievitazione).

Incidete una croce profonda su ciascuna di esse con un coltello affilato.
Lasciateli lievitare ancora una volta, coprendoli con la pellicola trasparente ben unta, per circa 25 minuti.

Nel frattempo pre-riscaldare il forno ad una temperatura di circa 200° (dipenderà dal vostro forno).

Cuocete i panini per circa 15 minuti.

Mentre stanno cucinando,  preparare la glassa.

Fondete 2 cucchiai di zucchero e 2 cucchiai di acqua a fuoco dolce e spennellate i panini con questa glassa non appena escono dal forno, per renderli belli lucidi e un po’ appiccicosi.

Fate una pasta con farina e circa 3 cucchiai di acqua .
Stendetela in uno strato sottile e dividetela in piccole strisce che poi metterete incrociate sui vostri buns, inumidendoli da un lato per farle aderire, nella croce incisa precedentemente.

lunedì 2 aprile 2012

Vitello alla messicana con peperoni e arancia: ricetta in pentola a pressione

vitello alla messicana con peperoni e arancia

Io associo la cucina messicana al piccante. Per questo motivo, la ricetta del vitello in umido alla messicana  mi ha sorpreso notevolmente: è insolita, ma non ha nemmeno l'ombra del turistico sapore che associamo al Messico.
E' una ricetta che ho scovato sul libro di Allan Bay, Le ricette degli altri - scorribande tra i piatti e sapori di tutto il mondo.
Libretto piccolo ma simpatico, che permette di scoprire ricette semplici come questa, che in sé non hanno nulla di straordinario, ma suggeriscono una mescolanza di sapori noti eppure piacevolmente sorprendenti se accostati tra di loro nell'ordine suggerito.
Ecco il mio stupore: non ho comprato nulla degli ingredienti necessari per preparare questo piatto, erano tutte cose che avevo già in casa, inclusa la carne che era surgelata.
E dalla combinazione degli ingredienti è venuta fuori una cena un pò insolita, non estrosa, ma interessante.

vitello alla messicana con peperoni e arancia
ingredienti
Per 4 persone:
  • carne di vitello (o manzo) a cubetti, 1kg
  • cipolla, una grande
  • acqua calda, q.b.
  • peperoni, 2 verdi (io uno giallo)
  • cumino in polvere, 1 cucchiaino da tè abbondante
  • chiodi di garofano, 3
  • pomodori sbollentati, 2 grandi
  • scorza e succo di un'arancia non trattata
  • tequila, 1 bicchierino
  • sale e pepe, q.b.
  • olio e.v.o., q.b.
  • prezzemolo tritato, 1 ciuffo
preparazione

Tagliare la cipolla in grossi pezzi e metterla in pentola a pressione con qualche cucchiaio di olio.
Farvi rosolare anche la carne, quindi aggiungere un pò di acqua calda.

Privare i peperoni della calotta e dei semi, tagliarli in grossi pezzi e unirli alla carne insieme al cumino, ai chiodi di garofano leggermente pestati, ai pomodori sbollentati privati della buccia e tagliati in piccoli pezzi.

Regolare di sale e grattugiare una parte della scorza d'arancia (secondo il vostro gusto, si sentirà parecchio) in pentola. Unire quindi il succo della stessa arancia.

Unire infine la tequila e regolare di sale se necessario.
Chiudere la pentola a pressione e portare avanti la cottura per circa 20 minuti dopo il "fischio".

Trascorso questo tempo spegnere il fuoco, lasciare sfiatare la pentola, quindi aprirla.
Se avrà troppo liquido, farlo evaporare leggermente su fiamma vivace.
Aggiungere una grattugiata di pepe fresco ed il prezzemolo.

mercoledì 21 marzo 2012

Biscotti "foglie da tè" al pistacchio: ricetta con soli albumi

foglie da tè

Le foglie da tè sono biscotti, o per meglio dire finissimi pasticcini, tipici della provincia di Catania.
Sono perfetti proprio per accompagnare il tè o una tisana. Croccanti ma friabili, profumati e leggeri.
Ne esistono almeno 3 varianti: semplici, con granella di pistacchio, con granella di mandorle. Io amo la prima, alla follia.

biscotti "foglie da tè"

Li conoscete? Non ho ancora trovato la ricetta originale: pare che sia un segreto blindatissimo di alcune pasticcerie. Neppure le mie amiche catanesi sono riuscite a darmi una mano.

Eppure hanno un sapore incantevole, e non ho resistito alla curiosità di provare: ho messo insieme alcuni ingredienti, i pochi indicati nella confezione che ho comprato, e li ho infornati.
Il sapore si avvicina molto (ma non sarà mai l'originale), ma la consistenza non è ancora quella.
Come si fanno, quale sarà il segreto? Se ne sapete più di me, vi prego, ditemelo...

foglie da tè

La prima volta ho montato gli albumi a neve, ma il risultato non era quello: sono venuti troppo gonfi e morbidi. Decisamente migliore invece la versione con gli albumi non montati, più croccante e dal sapore intenso, grazie anche ad una goccia di liquore all'arancia fatto in casa.
E' solo un esperimento, ma vi suggerirei di provare, ed eventualmente provare a darmi dei suggerimenti: il loro sapore fa innamorare!

foglie da tè

ingredienti

Per una ventina di foglie:
  • burro 75g
  • zucchero a velo, 75g
  • farina 00, 75g
  • albumi, 3
  • mandorle tritate o pistacchi, q.b.
preparazione

Sciogliete il burro a bagnomaria, unitelo allo zucchero e mescolate fino a completo scioglimento di quest'ultimo.

Unite la farina a cucchiaiate, senza aggiungere l'altra prima dell'assorbimento della prima.

Sbattete leggermente gli albumi senza montarli, uniteli al composto.

Spalmate su un foglio di carta da forno, a cucchiaiate, rendendo il cerchietto quanto più sottile possibile.
Spargete su ciascuno una manciata di pistacchi (o di mandorle).

Infornate a 180-200° fino a doratura (meglio in forno statico).

mercoledì 22 febbraio 2012

Raccolta "La cucina di magro": i piatti della Quaresima

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In questi giorni ho visto fiorire sul web numerosi post di ricette di carnevale: piatti ricchi, golosissimi, molti fritti. Ieri è finito carnevale, ed i più golosi si stanno già organizzando pensando ai piatti per festeggiare la Pasqua.
Ma non dimentichiamo che prima di pasqua c'è un periodo che comincia oggi e che arriva fino alla primavera: la Quaresima.
In passato era un periodo in cui astenersi da cibi grassi, molto dolci, dagli alcolici, ed in alcuni giorni anche dal consumo di carni, dando invece spazio al pesce, alle verdure, ai piatti più "semplici".
Ovviamente non era solo una questione di scelta degli ingredienti, ma di scelta "filosofica": ingredienti poco costosi dovrebbero, nel principio quaresimale, consentire un risparmio che permette di devolvere l'equivalente in opere di carità.
Ma non sempre "mangiar di magro" coincide col mangiare senza gusto: i siciliani, ad esempio, sono stati abili nel trasformare ricette apparentemente povere in piatti molto saporiti.

Astenersi per un periodo limitato di tempo da alcuni ingredienti o da alcuni piatti, ha un grande valore salutistico: grazie ad una "intelligenza somatica", infatti, col digiuno il corpo si depura, eliminando le cellule invecchiate e accellerando i processi di metabolismo e rinnovo cellulare.

La mia idea, quindi, è che "fare la Quaresima", anche se non seguiamo motivi religiosi, sia una dieta molto equilibrata, che prevede il consumo di verdure e frutta, sostituisce le proteine del pesce a quelle della carne, predilige i grassi vegetali, e non sempre penalizza il gusto o è ipocalorica.

In molte culture, ancora oggi, una cucina più leggera "prepara" ad un periodo di festa: se mi fate passare il paragone banale, un pò come "un effetto vigilia". Un periodo di astinenza non è tipicamente cattolico, ma è comune a molte religioni: un esempio ne è il Ramadan.
Se culturalmente le grandi religioni monoteiste prevedono un ricorrente periodo di purificazione, è certo che questo debba avere un grande significato antropologico. 
Che oggi vogliate intenderla come "preparazione alla prova costume" o riflessione religiosa, tutto questo viene collocato nel periodo dell'anno che precede la Primavera, periodo di rinascita: ce l'avrà un senso, no?

Mi piace pensare, come ho altre volte sottolineato, che sia importante oggi tornare ad accorgersi dei momenti che scandiscono il  "calendario della vita", troppo spesso ignorato dalla fretta e dalla desensibilizzazione. Recuperare saperi antichi, legati alla terra in cui viviamo, è qualcosa di affascinante, e di importante.
Sarà il mio diverso stile di vita, cambiato forzatamente negli ultimi anni, sarà anche la maternità, che mi porta ad insegnare a mia figlia cose da noi spesso date per scontate: rifletto sempre più spesso su come le nostre tradizioni culinarie siano legate ad uno stile di vita antico e saggio, che di cui oggi ci rimane troppo spesso solo l'aspetto consumistico.

In realtà molte delle persone con cui ho discusso questo argomento ignoravano che esistesse una tradizione della cucina quaresimale, ed in molte pagine sul web leggo una grande confusione tra ricette pasquali e ricette quaresimali (ispirate ai princìpi di cui sopra).
Che ne dite di fare un pò di chiarezza? Si tratta solo di togliere un pò di polvere ai ricordi e ai ricettari.

Voglio proporvi un'idea: a cominciare da oggi (che è il mercoledì delle ceneri), raccogliamo le ricette che appartengono alla "tradizione della quaresima" nel nostro territorio, o che comunque rientrano in una cucina "purificatrice" (quindi di matrice non solo cattolica).
Ho scoperto che le ricette della "cucina di magro" non sono solo europee o italiane, ma da noi sono molto diffuse in Veneto, in Toscana, ed in tutto il Sud: in questi giorni più leggo e più imparo, ma mi serve anche il vostro aiuto.
Sarebbe meglio privilegiare ricette tradizionali di un luogo (come ad esempio i biscotti quaresimali di Palermo, che vengono preparati senza grassi e con pochi ingredienti), ma vogliamo dare spazio anche a ricette che interpretano "lo spirito quaresimale", quelle più di famiglia, purché ci motiviate la scelta degli ingredienti e della preparazione.
A meno che non ne troviate altri, vi riassumo per sommi capi i tre antichi criteri della cucina quaresimale:
- astensione dalle carni e dai grassi animali
- "digiuno purificatorio"
- economicità della ricetta (per devolvere l'equivalente in carità)

Le regole sono semplici:
  • pubblicate una ricetta di venerdì, fino al 6 Aprile (venerdì santo e fine della quaresima cristiana)
  • raccontateci la parte storica, per diffondere il racconto, il luogo, la tradizione della ricetta quaresimale. Che ci crediate o meno non importa, ci interessa ricostruire una storia.
  • inserite il link al vostro post qui tra i commenti, per ogni ricetta che pubblicate,  in modo da raccogliere tutte le ricette in un elenco che aggiornerò su questo post. Se non avete un blog potete inviarmi per email la ricetta corredata da un paio di foto.
  • per ogni ricetta che partecipa all'iniziativa, inserite il banner e linkate questo post: non occorre che partecipiate tutte le settimane, ma più ricette inserite, più contribuirete a diffondere la cultura di alcuni piatti o di alcune tradizioni
Sarebbe bello così costruire un archivio di ricette per  valorizzare questo periodo gastronomico meno famoso, "offuscato" tra il carnevale e la pasqua. La parte più divertente sarebbe ripescare da vecchi libri, o dai racconti dei più anziani, alcune realtà antiche, o alcune usanze della nostra terra.

Allora, chi partecipa con me?


P.S. Nel banner c'è una mia foto di una polenta con crema di zucca e parmigiano: ricetta semplicissima che è un perfetto esempio di cucina leggera e gustosa.


Le ricette della raccolta:

giovedì 9 febbraio 2012

Les cannelés bordelais

les canneles bordelais

Preparare Les Canneles bordelais è semplicissimo, ma, come tutte le cose semplici, per una perfetta riuscita hanno bisogno di tempo, tecnica e pazienza.
Dopo aver comprato lo stampo che serve a prepararle, dalla tipica forma, ero troppo curiosa per non documentarmi sul suo uso originale e provarle.
Il nome è dovuto ai bordi scanalati e alla forma degli stampini (quelli originali sono in rame, e sono costosissimi, io ho optato per gli equivalenti in silicone) e sono orignari di Bordeaux.
La ricetta l'ho presa dal bellissimo blog di Pamirilla, dopo aver visto che corrispondeva abbastanza a molte altre lette in rete.

La pastella è veloce e rapida da preparare, ma dovete avere la pazienza di attendere per almeno 12 ore prima che sia pronta per l'uso.
Altri giurano che anche un'ora è sufficiente, ma io mi fido di Pamirilla.
A dire il vero mi sarei aspettata una pastella più consistente: non sono certa che non sia stato un mio errore, ma è venuta fuori una pappetta piuttosto liquida, che non è gonfiata all'ingresso in forno, come avrebbe dovuto, ma solo dopo 15-20 minuti (non avrò montato bene le uova?).
In fase di preparazione sono andata più volte a ricontrollare le dosi della farina, ma erano corrette: 100g, ma mi sembrano assolutamente pochi per dare consistenza all'impasto. Con un atto di fede, ho lasciato le dosi indicate dalle più comuni ricette.

Discorso a parte merita il forno: non ci sono molte indicazioni, ogni forno ha i suoi ghiribizzi, e voi dovrete rassegnarvi ed affidarvi alla vostra esperienza. Siccome io non sono una grande esperta, per questa prima volta il mio esperimento non è pienamente riuscito. Avrei voluto che fossero più croccanti fuori e un pò più cotti all'interno (anche se devono risultare molto morbide dentro, quasi cremose, e brunite all'esterno). E' assolutamente necessario riprovarci.
Ma una volta infornate, dovete seguirle: non potete chiuderle lì e andare a farvi un giro.

les canneles bordeleis

Un altro suggerimento necessario è quello di consumarle entro qualche ora dalla sfornata: sono buonissime appena tiepide, ma il giorno dopo tendono a diventare gommosette. Il profumo aromatico, in compenso, rimane intatto.
Consiglio di calcolare bene i tempi tra la preparazione, l'attesa e il consumo, perché tutta l'abilità della ricetta e la sua buona riuscita si giocano proprio qui.

les canneles bordeleis

ingredienti

per circa 10 cannelés
  • latte , 500ml
  • uova, 2 intere + 2 tuorli
  • zucchero, 120g
  • burro, 50g
  • farina 00, 100g
  • vaniglia in baccello
  • rum, 1 tappo
preparazione

Scaldate il latte con la vaniglia, portandolo ad ebollizione, spegnete il fuoco e lasciate a raffreddare in modo che il latte assorba il profumo della vaniglia. Ci vorrano 10-15 minuti.

Intanto nella planetaria montate uova e zucchero finché il composto non diventa chiaro e spumoso.

Aggiungete il burro fuso, il rum e la farina a cucchiaiate.

Infine unite il latte mescolando bene (io ho usato l'impastatrice con gancio a frusta).

Mettete la pastella fredda in una boulle e copritela con la pellicola, quindi mettete in frigo a riposare per 12 ore (fino a 24 ma non di meno).

Imburrate gli stampini appositi, e riempiteli in modo che il livello della pastella non superi mezzo centimetro dal bordo. Gonfieranno moltissimo in cottura, ma si afflosceranno subito appena fuori.

Posizionate lo stampo sul piano più basso del forno già caldo, a 225°, per circa 10/15 minuti.

Dopo 15 minuti abbassate la temperatura a 180°.
Dopo 40 minuti terminate la cottura, se necessario, a 160°.
I dolci sono pronti quando sono bruni, ma il tempo potrebbe variare tra 45 e 75 minuti, a seconda del forno.

martedì 31 gennaio 2012

Pastiera: con frolla sottile e senza strisce

Perdonate la versione troppo cotta, col forno nuovo si fanno degli errori. Ciò non toglie che questa versione della pastiera, fatta con la giusta cottura, è davvero saporita. La ricetta, infatti, potete trovarla, in altre varianti per la frolla, anche qui e qui.

pastiera napoletana

La leggenda della pastiera napoletana  narra che tra Posillipo e il Vesuvio viveva la sirena Partenope, che emergeva di tanto in tanto dalle acque per allietare col suo canto gli abitanti della città di Napoli.
La dolcezza della sua voce spinse gli abitanti a deporre i doni della natura vicino a lei: farina, ricotta, uova, grano, fiori d'arancio, spezie e zucchero. Lei, a sua volta, li portò ai piedi degli dei, che li amalgamarono tra loro creando con il loro tocco la prima pastiera.

pastiera napoletana (frolla allo strutto) 

Di questa dolce favola, nella pastiera esiste ancora "il divino" nel gusto e nel profumo.
Io non la preparavo più dal lontano 2002, più o meno, ed anche se è un dolce tipicamente pasquale, ho deciso di prepararla adesso, per un paio di occasioni importanti. Con questa dose, infatti, vengono due torte, piuttosto abbondanti.

La pastiera è una torta di pastafrolla, farcita con un ripieno molto particolare, soffice, di colore oro: grano cotto, ricotta uova e molti profumi. Chiunque l'abbia assaggiata (nonostante io non mi vanti di essere una specialista in questa preparazione) se n'è innamorato al primo morso.
Non ho studiato abbastanza per raccontarvi quante varianti ne esistono, e per prepararla mi sono attenuta alla sola ricetta che io abbia mai preparato, che è tratta dal ricettario dei F.lli Rebecchi.


Io non sono molto brava nella "griglia" che decora la pastafrolla, quindi solitamente non la creo: mi limito a spolverare la torta di abbondante zucchero a velo, a freddo.
E' importante che venga preparata con qualche giorno di anticipo, per permettere ai "profumi" di amalgamarsi. A distanza di due o tre giorni, infatti, migliora notevolmente il suo sapore.

pastiera napoletana

ingredienti


Per due pastiere di 24-26 cm di diametro

Pastafrolla:
  • farina 00, 300g
  • burro o strutto, 150g
  • zucchero, 150g
  • uova, 1 + 1 tuorlo
  • scorza d'arancia grattugiata
Ripieno:
  • grano cotto, 580g
  • latte, 350g
  • zucchero, 450g
  • acqua di fiori d'arancio, 1/2 fialetta
  • 500g di ricotta
  • macedonia di frutta candita, 40g (io preferisco solo arancia)
  • gocce di cioccolato, 1 cucchiaio
  • uova, 6 medie
  • scorza d'arancia grattugiata
  • cannella, chiodi di garofano, vanillina
preparazione

Preparate la pastafrolla, anche il giorno prima, e lasciatela riposare in frigo 2 o più ore.
Ricavatene quindi due dischi.

Preparate il ripieno.
Versate il grano cotto con 250g di latte in un tegame, unite 1 cucchiaio di zucchero dal totale, 1/4 di fialetta di fiori d'arancio, una parte degli aromi in polvere e una grattata di scorza d'arancia.
Amalgamate e lasciate bollire a fuoco lentissimo per 10 minuti.

Mescolate la ricotta ben scolata con 100g di latte.

Montate i 6 albumi a neve e tenete da parte.
Montate quindi i tuorli con lo zucchero e la restante acqua di fiori d'arancio.

Unite al composto di uova la ricotta, la frutta candita, il cioccolato in gocce, gli aromi in polvere, il composto di grano cotto. Mescolate.

Unite infine gli albumi a neve incorporandoli delicatamente.

Disponete la pastafrolla in due tortiere (io da 26cm, a cerniera) rivestite di cartaforno.
Tenete i bordi piuttosto alti.

Versate in ogni tortiera metà del composto e adagiate parte dei bordi verso l'interno, decorando a piacere.

Infornate in forno statico, a 180° per 40-45 minuti (non accendete la parte superiore), quindi spegnete il forno e lasciate le torte a riposare per altri 30 minuti (se il colore è già abbastanza bruno aprite leggermente il forno per abbassare la temperatura).
Io ho cotto le due torte separatamente, a 200° per 50 minuti, ma sono venute un pò troppo cotte per i miei gusti.

Conservate in frigo, e servite a partire dal giorno successivo alla cottura.

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E' per questo che ogni tanto latitiamo...