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mercoledì 30 luglio 2014

Polpette di melanzana speziate alla cannella e noce moscata : ricettasiciliana

Un antipasto tutto siculo, quello delle polpette di melanzane speziate, ma anche un finger food e un ottima scelta per un aperitivo rinforzato, come quelli che facciamo sull'isoletta, mentre siamo in vacanza, in attesa che il Kettle cuocia la cena!



Benvenuti al tempo delle brutte foto fatte col cellulare, quando i piatti vanno a ruba e non ti danno il tempo di metterli in posa! Fa niente, sono troppo buone per non condividerle, e sono una delle tante varianti (che potrebbe non rimanere la sola su questo blog, dato che intendo rifarle!) delle polpette di melanzana, che non solo adoro, ma che sto cercando di perfezionare.

La versione classica non prevede le spezie e include invece aglio e menta.

Quella di oggi ha l'aria di una ricetta molto moderna ed esotica, ma al contrario ha origini antiche: appartiene a vecchi ricettari di cucina siciliana. Sono polpettine una-tira-l'altra davvero irresistibili, soprattutto per chi come me ama il sapore delle spezie.

E' incredibile come la cannella si sposi bene con un piatto salato, la noce moscata dà profondità al gusto mentre la menta lo rinfresca. Insomma, queste polpettine mi piacciono molto!

ingredienti
  • 2 melanzane
  • 3 uova medie
  • sale e pepe, q.b.
  • un pizzico di cannella
  • un pizzico di noce moscata
  • menta tritata, qualche foglia
  • pangrattato q.b. per ottenere una giusta consistenza
  • olio per friggere
preparazione

Infornare le melanzane intere per circa 20 minuti: dovranno essere morbide ma non troppo cotte.

Tagliarle a pezzi e metterle a scolare in uno scolapasta con un peso sopra (un coperchio e qualcosa che le schiacci) in modo che perdano tutta l'acqua. Se necessario lasciarle a scolare per un'intera notte.

Una volta scolate, tagliare le melanzane al coltello, in purea finissima, e mescolarle alle uova sbattute e agli altri ingredienti.
Con le spezie non è necessario abbondare, ne basterà pochissimo per sprigionare un profumo gradevole.

Friggere quindi in olio caldissimo e profondo, per pochi minuti, e porre su carta assorbente.
Servire calde.

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© Melazenzero. Immagini e contenuti sono protetti da copyright. Si prega di non utilizzare le immagini senza previa autorizzazione. Se si vuole ripubblicare questa ricetta o i concetti espressi nella descrizione, si prega di ri-scrivere la ricetta con parole proprie, e porre sempre e comunque un link a questo post per la ricetta.

martedì 21 agosto 2012

Polpette di tonno fresco alla favignanese: con menta e capperi

Polpette di tonno fresco alla menta e capperi

Per le polpette di tonno favignanesi non sono in grado di citare una fonte bibliografica: sono uno di quei piatti tipici e popolari che si mangiano un pò ovunque sull'isola, e che ognuno fa a modo suo, secondo delle linee generali.
La loro caratteristica è la bontà: il loro essere stuzzicanti e ottimo finger food dalle origini decisamente storiche.

Polpette di tonno fresco alla menta e capperi

Sull'isoletta si servono come antipasto, accompagnate da una semplice salsa di pomodoro al basilico, ma io le preferisco in bianco, e quindi la salsa la servo a parte.
Le ho preparate in due versioni: la prima è molto semplice, con l'aggiunta di tanta menta fresca e capperi; la seconda segue una linea diffusa un pò ovunque nella cucina siciliana (quindi anche in altre zone di mare), che è quella di aggiungere del formaggio stagionato grattugiato come il caciocavallo locale.
A me piace di più la prima versione, più al naturale, perché trovo che il formaggio copra un pò il sapore del tonno, anche se dona più sapidità al piatto: ecco perché ho aggiunto i capperi, che tra l'altro sono isolani.

ingredienti

Per 4-6 persone

  • tonno fresco in tranci, 700g
  • 2 uova medie
  • pangrattato, 2 cucchiai colmi
  • qualche cappero sotto sale
  • menta fresca, q.b.
  • sale
  • olio per friggere
  • caciocavallo grattugiato, 40g circa
  • salsa di pomodoro per servire

preparazione

Se surgelato, come nel mio caso (dato che il tonno fresco si trova in primavera), decongelare i tranci di tonno.

Metterlo in una ciotola e sminuzzarlo insieme agli altri ingredienti.

Nella prima versione, unite solo la menta tritata, il pangrattato, l'uovo, i capperi sciacquati e tritati, un pizzico di sale.
Nella seconda anche il formaggio grattugiato.

L'impasto ottenuto deve avere la consistenza che vi permette di fare delle polpette, che friggerete in olio caldo, facendole dorare ambo i lati.
Servire su salsa di pomodoro a specchio, o in bianco.

venerdì 23 marzo 2012

Pesce spatola in agrodolce: ricetta siciliana e di quaresima

pesce spatola in agrodolce

Con la ricetta del pesce spatola in agrodolce continua il mio sforzo di raccogliere le ricette che rispondono ai precetti quaresimali. Nonostante io ne abbia scritto in rete, la raccolta non ha attecchito particolarmente. Perché? Credo sia una raccolta difficile.
Ma pensavate che valesse la pena mettere in piedi una raccolta, se le ricette non fossero state da cercare col lanternino?
In realtà, più che le ricette in questo caso sono interessanti le storie: come un tempo ci si arrangiava - in cucina- quando c'erano delle norme a cui obbedire? Che si fosse buongustai benestanti che non volevano rinunciare al gusto, o semplici manovali che con la cucina umile facevano i conti tutti i giorni.

Il precetto quaresimale è antico, ma non da tutti seguito, sentito, conosciuto. Ognuno, nel tempo, l'ha interpretato a modo suo, e nella nostra generazione oggi manca il legame con questa tradizione (la speranza e la sfida della mia raccolta è recuperalo).
Del resto, in sicilia, anche quando era Quaresima non si notava: a meno che non si fosse poveri (e allora era Quaresima tutti i giorni!), la tavola poteva essere imbandita ugualmente di ricette gustose, anche astenendosi dall'utilizzare alcuni ingredienti come carne, derivati animali (ma non pesce: non lo capirò mai!), latticini, grassi e dolci.

pesce spatola in agrodolce
Il pesce spatola in agrodolce ne è un esempio: è una ricetta ricca e ben condita, eppure veniva preparata  proprio nel periodo quaresimale. Anche mia nonna lo preparava, non necessariamente col pesce spatola, ma rappresentava un piatto semplice, come in ogni famiglia favignanese, in cui il pesce è ancora oggi l'ingrediente "povero" e facilmente reperibile. 

Ci credereste? Sull'isoletta il pesce costa pochi euro. Certo, non il pesce più pregiato, ma se la mattina andate presto al porto, e fate un giro tra le barchette ormeggiate dei pescatori, con pochi euro (intendo con una spesa che si aggira intorno a 5€) potete preparare un piatto di pesce per due persone.

La frittura resta il modo più gustoso di servirlo, ma in realtà gli isolani conoscono un'infinità di varianti per la preparazione del pesce, dal momento che lo preparano tutti i giorni ed il sapore non deve annoiare, soprattutto quando si tratta di pesce con sapori poco caratteristici. In questi casi è il condimento a farla da padrone.
Se vivi in città, o in posti lontano dal mare, oggi comprare il pesce può diventare impegnativo, ma ci sono luoghi in cui il "pescato del giorno" costa davvero poco, ed è magari quello che i ristoranti rifiutano, non richiedono, non utilizzano per ricette specifiche.

In questa ricetta il pesce spatola è sostituibile da quasiasi pescetto o fetta di pesce a trancio che troviate a disposizione. In realtà questo tipo di pesce l'ho scelto proprio perché uno dei più economici, ma anche saporiti e senza lische, ma nello stesso tempo ha una carne soda e compatta (anche se molto tenera), che ben si presta a questa cottura (che è quasi "doppia" e non deve scuocere!). La caratteristica di questa preparazione è quella di risultare croccante perché passato nella farina e poi rosolato nell'olio d'oliva (perfetto per le cotture quaresimali). Se preferite la versione più leggera, è sufficiente passarlo in forno caldissimo fino a doratura.

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L'agrodolce, ovvero tutto il condimento che fa da contorno (ironicamente vegetariano!) miscela in modo sapiente una serie di sapori contrastanti: cipolle dolci (che vengono caramellate), frutta secca, aceto, zucchero (meglio se di canna), olive.
Fa parte quindi di tutta una serie di preparazioni che corrisponde al detto "fatta la legge trovato l'inganno", ovvero l'escamotage per trasgredire le regole culinarie troppo restrittive. Sulla leggerezza di questo piatto, tuttavia, mi soffermerei più di un momento: non vi consiglio infatti di mangiarlo a cena, dato che non è poi così digeribile.

L'utilizzo dell'agrodolce è di derivazione araba: esiste una tradizione "italiana" (non isolana) legata al periodo romano, in cui si dolcificava con lo zucchero di canna, ma era una preparazione legata principalmente ad esigenze igieniche di consevazione delle carni, non abbinata al pesce, con un risultato piuttosto "morbido".
Nella cultura araba, invece, c'era la ricerca dell'equilibrio tra gli opposti (agro e dolce), e si dolcificava col miele (se vi va, provatelo in questa ricetta!) ma anche con l'uva passa e la frutta secca (pinoli, mandorle), mentre la parte acidula si otteneva con gli agrumi e non soltanto con l'aceto.
Questa tipologia di cottura ha attecchito particolarmente nella cucina di pesce della sicilia occidentale. Questa sicilianissima ricetta, quindi, è stata a lungo utilizzata sia nelle tavole povere che nei menù turistici, rappresentandone un capitolo molto importante.

pesce spatola in agrodolce
ingredienti
Tratto e modificato da La cucina siciliana di mare, di Alba Allotta (pp.250-251)

per 4 persone:
  • pesce spatola sfilettato, 800g circa
  • cipolla, 1 grande
  • aglio (facoltativo)
  • uvetta, 1 cucchiaio
  • pinoli, 1 cucchiaio
  • basilico, qualche foglia
  • olive nere denocciolate, 1 cucchiaio
  • concentrato di pomodoro, q.b.
  • prezzemolo, 1 ciuffo
  • farina, q.b.
  • olio extra vergine d'oliva, circa 10 cucchiai
  • zucchero, circa 1 cucchiaio
  • aceto di vino bianco, mezzo bicchiere
  • sale
preparazione

Passate i tranci di pesce nella farina facendo in modo che questa aderisca perfettamente. Salateli.
Scaldate in una padella profonda acuni cucchiai di olio: appena è molto caldo rosolatevi i filetti.
[Potete passarli in forno caldissimo o al piatto crisp con un filo d'olio: dovranno essere croccanti e dorati]
Cuocete rapidamente e sgocciolate su carta da cucina, facendo attenzione a non scuocerli (non allontanatevi!).

Tritate la cipolla e fatela appassire nella stessa padella con 5 cucchiai di olio su fuoco medio.
Unite il concentrato di pomodoro, le olive tritate, l'uvetta, i pinoli, il basilico, una presa di sale, e cuocete a fiamma bassa per una decina di minuti.

Trascorso questo tempo, unite mezzo bicchiere di aceto in cui avrete perfettamente sciolto un cucchiaio di zucchero, e lasciate sul fuoco un paio di minuti ancora, fino a che le cipolle non sembrano caramellate.

Trasferite il pesce in una pirofila e coprite con la "cipollata" ottenuta, quindi fate riposare qualche ora per amalgamare i sapori.

Al momento di servire passate in forno caldissimo, cospargete con un trito di prezzemolo e portate in tavola tiepido.

giovedì 4 agosto 2011

Insalata di polpo in bellavista: ColaPesce e la vita delle isole

insalata di polpo

Lo so, stiamo lesinando le nostre ricette. Non perché non si cucini, anzi, ma il tempo e la connessione sono sfuggenti.
Vacanza: tempo di relax e di profumi, di cibi semplici e di preziose coccole culinarie.
Sull'isoletta mi sveglio ad ogni alba, provando un battito di cuore emozionante ogni volta che il profumo dei dolci si mescola a quello del mare. Non c'è sensazione che io conosca che possa assomigliare a questa piccola, perfetta felicità.
Le giornate sembrano tutte uguali, ed invece è come se mordessi ogni attimo avidamente, come un dolce siciliano con la crema: addentandone il sapore e cercando di trattenerlo in bocca ancora un pò, prima di mandarlo giù a nutrire ogni fibra del corpo.

insalata di polpo

Ieri sera un piccolo dono insperato: la possibilità di vedere una commedia siciliana, la leggenda di ColaPesce.
ColaPesce è un uomo che decide di lasciare la sua terra, la Sicilia, in cerca di nuova fortuna, ma soprattutto un uomo che scopre nell'incertezza del mare e dei suoi flutti un nuovo regno.
Questo gli dà grande fortuna e lo rende famoso, fino a solleticare le invidie di re Federico II, che gli impone delle pericolose prove che gli faranno rischiare la vita.
La narrazione di queste imprese eroiche dipinge una sicilia poggiata sul fuoco dell'Etna, che scorre sotto il mare, come un "tavolino di terra" che si regge su tre colonne.
L'uomo libero, audace, apparentemente sprezzante per la sua terra che facilmente abbandona, si mostrerà capace di un amore così grande per la sicilia e per i siciliani da fargli abbandonare la vita, l'amore, e persino il suo essere uomo: ColaPesce, in un canto d'amore per i siciliani, sceglierà di vivere in fondo al mare per reggere una delle tre colonne che, crepata, rischia di crollare.

insalata di polpo

Emozionata da questo racconto, che già conoscevo e che ho apprezzato in tutta la sua commovente drammaticità, rifletto sulla mia amata, adorata terra, e sul suo perenne rischio di "crollare" da un momento all'altro.
Nelle sue contraddizioni e nelle sue incredibili meraviglie, la sicilia (più presente nella mia isoletta così lontana dal mondo cittadino) è anche questo: amata e odiata, maltrattata ed osannata, l'isola (come del resto le isolette) meravigliosa e maledetta, strega e affascina.
Questo archetipo, così presente nel sangue delle mie vene, mi ha sempre fatto provare l'emozione della indipendenza ed insieme della prigionia, rendendomi libera e schiava nello stesso tempo.
Il linguaggio della mia isoletta è ammaliante ed ingannevole come il canto di una sirena: ad un momento ti sembra di averlo colto, e nell'attimo dopo ti fa sentire estraneo, sedotto e abbandonato.
Non si raggiunge mai, dunque, il cuore di un'isoletta o quello dei suoi abitanti: generosi fino all'incredibile ma poi schivi e sospettosi, si affrettano a chiudere rapidi la porta che dà sulla strada, come se due minuscole ante di legno potessero tenere fuori il mondo anche senza una porta blindata.
E del resto, di cosa dovrebbero aver paura gli isolani? C'è il mare a proteggerli: il mare che li isola e li abbraccia, li culla e li imprigiona, tiene lontano il mondo e la civiltà con le sue cattiverie, e se qualcosa ti viene in mente di rubare hai poco lontano da andare, al più fino alla riva del mare.

insalata di polpo

Io rispetto questo mare, e me ne nutro con discrezione: ché forse non sembra, ma in un connubio antico ed ancestrale fatto di piedi scalzi e di cultura, anche la scelta degli ingredienti ha la sua ragione. Sulla mia isoletta sono la bambina senza scarpe ma anche la donna che ha studiato il perché delle cose, ed usa la conoscenza per buoni fini.
Alcuni ingredienti, i più preziosi, solo una volta l'anno: i ricci, i polpi, le specie in via di estinzione.
Se tutti la pensassimo così, forse questo generoso ed indulgente mare sarebbe più ricco.
Scusate, quindi, se oggi cucino un animale di cui nutro un profondo rispetto: ha l'intelligenza della vita sulla terra ma appartiene al mare. Come ColaPesce.
Vi assicuro che è con estrema giustizia che ce ne nutriamo, a volte persino rinunciandovi, secondo una logica che è difficile spiegare, ma che un giorno scriveremo, io e Zenzero, convinti dell'esigenza di una giustizia  necessaria alla convinvenza tra l'uomo e la Natura.
ingredienti
  • polpo, circa 800g 
  • pomodori tondi e maturi, 4
  • mais in grani, 2 cucchiai
  • capperi, mezzo cucchiaio
  • carciofi al naturale, 4 spicchi 
  • olive bianche, q.b.
  • olio e.v. d'oliva 
preparazione

Quando acquistate un polpo, o lo pescate -come noi-, dovete aver cura di "sbatterlo" per bene (ricordate la meravigliosa pubblicità di Dolce e Gabbana?) per renderne tenere le carni. Lo stesso procedimento si ottiene surgelandolo.

Portate ad ebolizione  una pentola con abbondante acqua salata.
Prendete quindi il polpo per la testa e fate due o tre "calate" (immersioni rapide in acqua) di modo che i tentacoli si arriccino: oltre ad essere un criterio estetico, serve ad occupare meno spazio nella pentola.

Lasciate cuocere aggiungendo un filo d'olio all'acqua, per almeno 30 minuti, o finché la carne non sarà tenera (potrebbe essere necessario un tempo maggiore, dipende dalla grandezza del polpo), ma è importante che spegniate in tempo per lasciarlo in immersione facendolo raffreddare nella sua acqua. Non deve scuocere.

Conditelo con olio di ottima qualità, sale, e gli ingredienti sopra elencati . Ma vi assicuro che un polpo appena pescato non ha bisogno di alcun condimento!

lunedì 1 agosto 2011

Frittelle di gamberi alla favignanese

frittelle di gamberi

Vi avevamo lasciato con una ricetta mooolto classica. Poi, il silenzio di qualche giorno. Una settimana che ci è servita a preparare, impacchettare, scegliere, ed essere pronti per le nuove vacanze.
Ed eccoci ancora qui, sull'isoletta, a vivere una vita parallela, in cui siamo all'opposto rispetto alla nostra quotidianità. In questi giorni vi prometto, complice il mio relax vacanziero, di scrivere diverse ricette che rappresentano necessità e diletto dei miei giorni al mare.
Quindi, di buon lunedì, vi parlo di una ricetta molto semplice, di quelle che anche stasera potrete mettere in tavola, ma che diventa una ricetta speciale quando avete degli ingredienti come i nostri gamberi freschi.
Certo, qui costano un'occhio della testa, ma almeno sono genuini e buoni. La loro provenienza, probabilmente, è Mazzara del Vallo, paese della costa molto vicino che possiede una buona flotta in grado di pescare meglio dei pescatori locali.
Certo se, come me, le preparate la sera per cena, non sperate che le foto siano sempre decenti: le mie in fatti non lo sono. [Vi dò le dosi per una cena, ma se li usate diversamente dovete diminuirle]
La ricetta potete presentarla come antipasto, o come piatto unico, come aperitivo, finger-food, o per ravvivare un buffet, anche per bambini.
In realtà c'è chi ai piccoli non fa mangiare facilmente i frutti di mare e i crostacei, ma a loro, a dispetto di questo, sono molto graditi i gamberi, dal sapore dolce, senza lische, e facili da masticare.
Se non avete il mare così vicino da trovarli freschi... beh, per fortuna ce ne sono tantissimi tipi in vendita anche surgelati. Quindi non avete scuse: dovete provare queste frittelle!

frittelle di gamberi

ingredienti
Per 4 persone:
  • gamberi rossi (più saporiti) o bianchi (più delicati), 500g
  • uova, 3 piccole
  • farina, q.b.
  • bicarbonato, una punta di cucchiaino
  • sale, q.b.
  • scalogno e carota, un pezzetto di ciascuno
  • prezzemolo fresco tritato, un cucchiaio
  • acciughe sott'olio, 3 o 4 grandi (facoltativo)
  • capperi dissalati tritati, mezzo cucchiaino (facoltativo)
  • aceto balsamico o riduzione di aceto balsamico, per guarnire 
preparazione

Buttate in acqua bollente i gamberi lavati, per qualche minuto. Scolateli e sgusciateli.
[Le teste ed i carapaci sono perfetti per preparare un fumetto di pesce.]

Rosolate scalogno e carota tritati molto finemente come se doveste preparare un soffritto, in poco olio, finché non si ammorbidiscono. Teneteli da parte.

Preparate una pastella leggera, sbattendo 2 uova ed un tuorlo con quanta farina è necessaria a darle una consistenza leggermente densa. Montate a neve l'albume rimasto ed incorporatelo all'impasto con un pò di sale ed un pizzico di bicarbonato.

Unite acciughe e capperi tritati in  quantità che dia sapore ma che non copra il gusto dei gamberi.
Unite il prezzemolo tritato, le verdure rosolate, infine i gamberi.
Qualcuno aggiunge qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro.

Friggete a cucchiaiate in olio bollente riscaldato in una pentola stretta dai bordi alti.
Servite calde o tiepide, con una decorazione di aceto balsamico.

giovedì 21 luglio 2011

Tonno in agrodolce (ricetta favignanese)

tonno rosso

Il tonno in agrodolce è un mito della cucina di Favignana. Si cucina in molti locali, ed è davvero buono. Lo si deve al fatto che il pesce è fresco, e la tradizione di questa ricetta è molto lunga.
Non è una preparazione complessa, nonostante i diversi passaggi indicati.
Di solito lo servono come antipasto, ma è ottimo anche come secondo di pesce (a tranci interi).
Il profumo di questo piatto è legato al vino e all'aceto, che devono essere di buona qualità.
Le cipolle sono una parte fondamentale: devono essere abbondanti e morbide, ed aver assorbito tutti i profumi della cottura.
C'è un diverso modo di prepararlo, che utilizza la cottura in forno: si dispongono le fette di tonno in teglia, si rosolano le cipolle in padella come spiegato nel procedimento, e poi si versano sul tonno e si continua la cottura in forno per una decina di minuti ad alta temperatura.
Io ho preferito il metodo classico, che mi permette di "intervenire" meglio sulle varie fasi di aggiunta degli ingredienti. Perché l'agrodolce, secondo me, è tutta questione di gusto personale: difficile darne le dosi esatte, si va di assaggio!

Inutile dirvi che l'agrodolce è un dono della dominazione araba in sicilia, insieme all'uso di uva passa e pinoli, come delle mandorle, in piatti di questo tipo. Se volete, infatti, potete aggiungerli agli ingredienti arricchendo il gusto di questa ricetta, che io però preferisco così.
E quando parlo di arabi, e di storia delle gastronomia siciliana, ormai sapete che mi piace raccontarvi delle cose.

Corrado Barberis, nel libro "Mangitalia, la storia italiana servita in tavola", dice: "Mamma-Mediterraneo ha unito coi sapori i popoli che divideva con la religione ed i sogni di potere".

L'abbinamento di agro e dolce, infatti, è presente sin dall'epoca romana, giustificata dalla logica della combinazione degli opposti e da un'esigenza igienica: sappiamo infatti che sia lo zucchero che l'aceto preservano i cibi dal deterioramento, e ne prolungano la conservazione.

Prima dell'arrivo degli arabi, e del loro zucchero di canna, l'agrodolce si dolcificava col miele e con l'aceto. Nelle ricette arabe, tuttavia, era presente un contrasto più netto tra i sapori che persiste ancora oggi: il principio, ben diverso dalla moda contemporanea ed europea di semplificare il più possibile i sapori, era quello che ogni piatto dovesse contenere un equilibrio di contrasti che lo rendesse completo. L'abilità del cuoco del tempo, quindi, era quello di mescolare ingredienti e tecniche di cotture per ottenere un piatto bilanciato nel gusto, negli ingredienti, nelle consistenze.

Proprio in sicilia l'agrodolce trova il luogo ideale per diventare una tecnica di grande vigore, ammorbidito dalla sostituzione dell'aceto con gli agrumi e del miele con lo zucchero: da qui si diffonde anche in altre regioni del mediterraneo, come nell'esempio ormai famoso della caponata, già in uso nei paesi del medio-oriente (melanzane in agrodolce), e poi impreziosita da altri ingredienti proprio al suo arrivo in sicilia, che le ha rese più barocche.

I territori siciliani più interessati dalla dominazione araba, tuttavia, sono quelli della sicilia occidentale, affacciata verso altre regioni italiane alle quali in molti casi ha fatto il tam-tam culturale e gastronomico. Nelle zone orientali della trinacria, infatti (ragusa, siracusa, agrigento, catania...) la tradizione culinaria è rimasta più legata alle origini greche e dell'antichità classica, una cucina genuina ed essenziale, molto legata all'agricoltura.

E se nel resto di Italia la tradizione agrodolce si è legata soprattutto ai piatti montani a base di carne, di influenza romana, in sicilia, col nostro mare, l'abbiamo sposata alla perfezione ai piatti di pesce, dono alle nostre terre.
Questo piatto, infatti, può essere preparato anche con altri pesci a trancio, come il pescespada, l'alalunga, il palamito, ma l'uso del tonno rosso lo rende elitario (perché è un pesce più raro e più gustoso) e decisamente favignanese!

tonno in agrodolce

ingredienti

Per 4 persone:
  • tonno rosso, 2 grandi tranci 
  • cipolle1 bianca e 2 rosse di tropea
  • aceto di vino bianco, 1/2 bicchiere circa
  • vino bianco, q.b. (facoltativo)
  • zucchero, un paio di cucchiaini circa
  • olio e sale, q.b.
  • menta fresca, per decorare
  • olio e.v. d'oliva, q.b.
preparazione

Mettete i tranci di tonno in acqua e sale per dissanguarli, finché non sono un pò sbiancati.

Sbucciate sottilmente le cipolle, e mettetele in una larga padella con un pò d'acqua, lasciandole cucinare finché non assorbono il liquido e diventano morbide e trasparenti (se necessario, aggiungete via via acqua calda). La quantità dipende dalle cipolle.

Quando tutto il liquido è assorbito e sono morbide, aggiungete generosamente l'olio d'oliva e fate dorare appena. Unite un pò di vino (facoltativo) e fate evaporare.

Unite in un bicchiere zucchero e aceto, nella quantità che aggrada al vostro gusto, cercando di non far prevalere né l'uno né l'altro sapore. Mischiateli a parte in modo da regolare le proporzioni, che sono orientative ed "empiriche".

Fate rosolare in una padella a parte con olio d'oliva i tranci di tonno, a fuoco alto e rapidamente.

Salate e scolate su carta assorbente.

Versate l'agrodolce nelle cipolle e coprite con un coperchio, su fuoco lento, in modo da far insaporire.

Dopo un paio di minuti unite il tonno a pezzetti regolari.
Coprite ancora e lasciate qualche minuto su fiamma lenta.

E' un piatto ottimo a temperatura ambiente. Si consiglia quindi di lasciare riposare dopo la cottura, per amalgamare i sapori. Servite con foglioline di menta.

mercoledì 20 luglio 2011

Spaghetti al pesto di capperi e ricotta, con dadini di melanzana

pesto ai capperi, ricotta e melanzane

Lo so, per ora sono monotematica con 'sta storia della rapidità, ma vado avanti così, di fretta, con tanta fame e bocche da sfamare in poco tempo.
Pochi gesti, facilmente coordinabili, per un primo piatto rapidissimo: tornate dal mare, tagliate la melanzana a cubetti, mettete su l'acqua per la pasta, preparate il pesto al mixer, buttate la melanzana in frittura,  aggiungete la ricotta al pesto e condite il tutto, magari aggiungendo, se gradito, un pò di parmigiano grattugiato.
Rimandendo concentrati in questa precisa sequenza (per favore, cogliete l'ironia!)  vi garantisco un primo piatto rapido e ricco di ingredienti: gli spaghetti con pesto ai capperi, ricotta e dadini di melanzana. Non mi credete? Provate!
Io uso, ovviamente, i capperi di Favignana, che adoro. Ho provato anche quelli di altre isole, e devo dire che si somigliano un pò tutti, basta trovare qualcuno esperto, che sappia raccoglierli e lavorarli bene. Il mare, il sole, e l'aria buona, fanno il resto.

pesto ai capperi, ricotta e melanzane

ingredienti

Per 2-3 persone
  • spaghetti trafilati al bronzo, g 200 
  • capperi salati favignanesi, un cucchiaio raso
  • pinoli, un cucchiaio
  • aglio, mezzo spicchio 
  • basilico fresco, 1 ciuffo dalle grandi foglie
  • acciuga sott'olio, 1-2 grandi
  • pomodorini secchi, un paio
  • olio e.v. d'oliva, 60g + quello per friggere la melanzana
  • ricotta di pecora, un cucchiaio abbondante per commensale
  • melanzana viola, 1 piccola
preparazione

Tagliate una melanzana a dadini regolari, lavatela, sgocciolatela.
Mettete l'acqua per la pasta a bollire, e l'olio per friggere a riscaldare in un tegame.
Mentre la pasta si cuoce, frullate i capperi precedentemente risciacquati, i pinoli, l'aglio, il basilico e l'acciuga con 60g d'olio e.v.d'oliva.
Unite un pò di ricotta quanto basta a dare una consistenza cremosa, e se necessario aggiungete qualche cucchiaio dell'acqua di cottura della pasta.
Friggete le melanzane a dadini in olio bollente, poco per volta, e servitele sulla pasta al dente, condita col pesto e ricotta.

martedì 12 luglio 2011

Couscous di pesce favignanese

cous-cous di pesce

"Il mare spumeggia sulla costa, il caldo immobilizza le cose. 
In questi giorni di isoletta fa molto caldo, ma ciò che in città sarebbe tormento, qui è solo uno sprigionarsi di profumi più intensi che arrivano dritti al cuore.
Mi sveglio ogni mattina con la sensazione che il vento canti profumi unici, aspri, selvaggi.
Il blu, il bianco, i colori bruciati delle cose, sono così intensi da fare quasi male. 
E tu, spettatore quasi indesiderato, camini sulle trazzère sterrate e hai la netta percezione di non poter portare via quelle immagini se non nel tuo cuore.
Una barca apre la vela, il vento allontana le posidonie e svela fondali di smeraldo, e tu sei lì. 
A pensare che questa vita è proprio un dono".

favignana


Il procedimento per preparare il cous-cous tradizionale, incocciàndo la semola (quindi non utilizzando quella precotta) è molto lungo da scrivere, e per eccesso di zelo mi ritrovo sempre a descrivere molti particolari nell'intento di agevolare chi non lo ha mai fatto e vuole provare. Fatelo.

In realtà è un procedimento fatto da gesti automatici molto più semplici (a mio parere) di quel che sembra.
La preparazione della semola non richiede molto tempo, e necessita solo della pentola adatta.
La mia grande difficoltà, invece, è nel pulire le carni della zuppa, che siano di carne o di pesce, perché portarle in tavola senza averlo fatto rende il piatto meno gustoso, ed è decisamente più scomodo per i commensali. Pulire quindi una discreta quantità di pesce per me è un pò faticoso.

Il couscous è un piatto di origini berbere che è entrato nella tradizione gastronomica siciliana in tempi antichi, soprattutto per la sua semplicità, dal momento che è preparato con ingredienti poveri, come la semola, e con ingredienti che qui sono facilmente reperibili, come il pesce da brodo (il pescato del giorno).
In una società di pescatori questo aveva il suo peso.
Ha trovato quindi grande favore soprattutto nella sicilia occidentale, lungo le coste, dove viene preparato con la zuppa di pesce. E' un piatto molto semplice (semola condita con brodo) che da noi è diventato un piatto nobile e ricercato proprio per il tempo che è necessario dedicare alla sua preparazione.

couscous di pesce

Non esiste un solo modo di preparare il couscous, ed ogni famiglia ha le sue tradizioni e le sue ricette.
La mia famiglia, che ha origini favignanesi (ù cùskusu, lo chiamano nel loro dialetto), lo prepara più o meno così. Ne ho già raccontato.
Per noi è un piatto molto importante, che è simbolo della passione dei miei nonni per la loro terra natìa. Per me è una radice, è l'infanzia, è la festa di quando ero bambina, è il piatto del nostro Ferragosto, è qualcosa da tramandare.
Ciascuna di noi in famiglia lo prepara, ed ogni mano ha il suo verso, il suo modo di personalizzarlo. Persino io non lo faccio sempre nello stesso modo, e molto dipende dagli ingredienti, dal pesce che è disponibile (che fa variare il sapore della zuppa), dagli aromi che si trovano. Questa volta, pertanto, vi racconto il modo in cui l'ho preparato oggi.

A me piace il couscous molto profumato, con aromi che lo rendano "incantato", così siciliano e nel contempo così da mille e una notte. Una commistione magica, unica, che mi rammenta la civiltà araba a cui tanto dobbiamo. Le spezie in questo aiutano molto.
Io amo la sicilia, mi piacciono i suoi contrasti. La ruvidità della semola ed il vellutato del pesce ne sono un simbolo.
La zuppa, infatti, mi piace densa, e per questo uso la passata di pomodoro in proporzione maggiore o uguale all'acqua, perché possa dare l'effetto di una salsa vellutata, al sapore di pesce, proprio sul piatto. Qualcuno la prepara più brodosa.

Ho sempre la sensazione che il couscous, come la sabbia del mare, unisca le persone.
Non è la prima volta che mi fermo a raccontarlo, e chi mi segue ormai lo sa. 
Il couscous che vi racconto oggi è IL couscous della mia famiglia, perché è couscous di pesce.
Ha il colore del corallo ed il sapore del mare, e  per noi rappresenta sempre un momento unico ed un pò speciale.

spiaggetta a punta lunga

Quando si  parla di cucina italiana raramente ci si ricorda del couscous, eppure nelle isolette è un piatto importante. Prepararlo qui, mentre sono a Favignana, ha un sapore più intenso: il pesce è fresco, il couscous è a casa sua, si prepara con i profumi del luogo, e mi piace credere che riesca ad assorbirli meglio, e che l'aria di mare, così vicino, lo renda più buono.
Il couscous fest di San Vito Lo Capo ha contribuito molto a rendere famoso questo piatto, ed io ci tengo molto, e non perdo occasione per ricordarlo, dal momento che rappresenta per me una storia di ricordi ed affetti.
L'ho altre volte raccontato: se volete leggerne, ve lo racconto anche qui. Vi suggerisco di leggere le altre cose che ho scritto, anche per scoprire particolari della preparazione che di volta in volta, quando lo racconto, potrebbero sfuggirmi.

Questa ricetta partecipa a:




ingredienti

Per 10-12 persone:

semola di grano, 1kg
olio e.v. d'oliva, q.b.
acqua, q.b.
prezzemolo, 1 mazzetto
carota, 2 medie
cipolla, 2 medie
menta fresca, 20 foglioline
mandorle pelate tritate, 100g.

La Semola è una farina di granulometria maggiore dove i singoli componenti sono di forma arrotondata e non in polvere. In pratica, sono dei granelli. Con questo termine non si intende la farina di semola, ottenuta dai suddetti granelli, ma ridotta in polvere, della consistenza della normale farina.
La semola per il cous-cous può avere varie dimensioni. Più grande è, meglio risulta: dal momento che è un piatto che va servito in brodo (o quasi), una semola troppo fine lo riduce in "pappetta".

Visualizza altro per maggiori dettagli.

Gli aromi per l'incocciata della semola:

• noce moscata
• chiodi di garofano
• cannella
• zenzero in polvere
• scorza di 1 limone

Per la zuppa:

• 1 kg di scorfani rossi già puliti
• 1 tracina da 600g
• 500g di pesce misto da zuppa
• 1 lt di passata di pomodoro fresco
• 750ml di acqua
sale & olio
carote, 2
cipolle, 2
prezzemolo
alloro
aglio, 4-5 grossi spicchi 

preparazione

1. La zuppa.

Tritate molto finemente la carota, la cipolla, il prezzemolo, e tenete da parte.

Usatene una parte per fare un soffritto per la zuppa: rosolateli leggermente in olio d'oliva insieme all'aglio (che potete tritare o lasciare intero e poi togliere), quindi unite i pesci più grossi sul fondo, e i più piccoli più in alto.

Dopo qualche minuto unite la passata di pomodoro, l'alloro spezzato, e regolate di sale.

Lasciate cuocere una decina di minuti, quindi allungate con l'acqua e fate restringere finché il sugo non profuma di pesce.

2. L'incocciàta.

Incocciàre in siciliano indica qualcosa di simile a "incontrare". In questo caso la semola incontra l'olio o l'acqua e li assorbe. Una delle proprietà della semola, infatti, è quella di assorbire al suo interno i liquidi che incontra, e questo le dona il grande pregio di poter avere al suo interno i sapori che le si vogliono dare.

Ponete la semola cruda sul piano di lavoro e mettetevi accanto due ciotoline, una con olio e.v.d'oliva, l'altra con acqua a temperatura ambiente.
Lavorate piccoli mucchietti di semola per volta.

Versate a filo l'olio al centro di un mucchietto di semola, e cominciate a girare con i polpastrelli piccole quantità di semola per volta. Usate tre dita in senso rotatorio.
L'intento è quello di "raggrumare" la semola in piccole palline agglomerate poco più grandi della punta di uno spillo.

Usate le proporzioni che preferite di acqua e olio, e fate in modo che il vostro movimento, in senso orario, si irradi dal centro verso l'esterno, di modo che tutta la semola venga inumidita dall'olio.

Procedete con l'acqua, con la stessa operazione, in modo da inumidire leggermente la semola e raddoppiarla circa del suo volume.
Tutta la semola dev'essere inumidita e deve aver cambiato colore, diventando meno trasparente e scura, ma non dev'essere bagnata o zuppa, e i grani devono poter ancora scivolare via tra loro, senza attaccarsi troppo.

Salate.

Unite il trito di carota, cipolla e prezzemolo, e ripetete il gesto dell'incocciatùra.
Unite quindi le spezie in polvere, le mandorle tritate, mescolate ancora, e tenete da parte.

3. La pulitura del pesce.

Deliscatelo completamente, cercando di non perdere gli aromi ed il sugo del fondo di cottura. Per recuperarli, passate le lische che si depositano sul fondo del sugo al passaverdura.
Mettetelo in un piatto da portata, senza il brodo, e tenetelo da parte per quando la semola sarà cotta.

4. La cottura della semola

Mettete su una pentola dello stesso diametro della couscousièra acqua per tre quarti del suo volume. Potete profumare l'acqua con ciò che volete: altri aromi, verdure… io ho usato la stessa pentola, non lavata, in cui ho cotto la zuppa, per cui profumava di pesce.
Lasciate cuocere per circa 20 minuti dal raggiungimento del bollore.
Se la couscousièra non poggia perfettamente, fate una cuddùra di acqua e farina impastati a formare un cordoncino, e sigillate il bordo tra la couscousièra e la pentola, per non lasciare fuoriuscire il vapore.
In cottura, coprite con un coperchio.

5. Il bagno di brodo ed il riposo.

Trascorso il tempo di cottura, versate subito la semola in una mafaràdda, e irroratela, poco alla volta, con il brodo della zuppa. Lasciate che si assorba gradualmente, mescolando di continuo, prima di aggiungerne altro.
Questo vi permetterà di farlo diventare "color corallo", senza inzupparlo troppo.

Coprite con una tovaglia, e tenetela in caldo fino al momento di servire (anche alcune ore vanno bene): questo tempo di riposo completerà la cottura, quindi siate accorti nel tenere la semola al dente.

6. Impiattare.

Servite il couscous irrorato col brodo della zuppa e con i pezzi deliscati del pesce adagiati sulla superficie.
Portate in tavola delle ciotole con il brodo caldo, di modo che ciascun commensale possa aggiungerne a suo gusto. L'ideale è che non sia troppo zuppo, e che ognuno regoli la sua quaantità di brodo.

lunedì 11 luglio 2011

Busiate con sugo di tonno e spada affumicati

busiate con tonno e spada affumicati

Questa è una ricetta un pò speciale, di quelle che sanno di festa, di ingredienti buoni, di cose che non si mangiano tutti i giorni. Sa di mare.
C'è un tipo di pasta tipicamente trapanese che è diffusa in tutta la provincia: le busiate. La loro forma ricorda un ricciolo di capelli, e si ottiene passando la pasta fresca attorno ad un ferretto, anticamente un giunco che si chiamava erba busa (da cui il nome), arricciandola.
La loro consistenza è un pò ruvida, come la pasta fatta in casa, ed ha uno spessore consistente, di quello che dà soddisfazione a masticarlo. Tra le sue pieghe il sugo si insinua benissimo, e vi rimane "intrappolato" senza lasciarlo scivolare via.

La loro preparazione non è diversa da quella di una qualsiasi pasta fresca, non all'uovo:  
250g di acqua calda ogni 500g di farina di grano duro, con un pizzico di sale. 
L'acqua si aggiunge graduamente, dal momento che la farina non ne assorbe sempre la stessa quantità. Si deve ottenere un impasto liscio ed elastico.
Si impasta poco alla volta, con la farina a fontana, nella quale si versa poco alla volta l'acqua; si forma una palla che si lascia riposare al fresco, coperta da uno strofinaccio, almeno mezzora. 
Se ne ricavano poi dei cilindretti del diametro di un centimetro e della lunghezza di 4-5 centimetri. Si posano sul piano infarinato, e vi si passa sopra il ferretto, ruotandolo avanti e indietro con entrambi i palmi delle mani, in modo da ottenere la tipica forma. Si possono mangiare freschi oppure essiccati.
Ho trovato un video che mostra come prepararle: mi sembra il modo migliore di mostrarvelo senza fare troppi giri di parole.

busiate con tonno e spada affumicati

Io ho condito le busiate con una preparazione dal sapore tipicamente favignanese: un sugo di pomodori freschi, tonno e spada affumicati tritati al coltello, con aggiunta di capperi locali e vino bianco.
Il pesce, così utilizzato, non è palesemente visibile nella presentazione del piatto, perché tritato molto finemente e presente in piccola quantità, ma  dà un sapore decisamente marcato al piatto. Proprio perché affumicati, questi pesci sono reperibili con facilità, tutto l'anno, e qui praticamente in ogni dove. Questo rende molto più semplice preparare il piatto.

busiate con tonno e spada affumicati

Questa ricetta partecipa a:

ingredienti

Per il sugo di tonno e spada:
  • pomodoro ciliegino siciliano, 500g 
  • spada affumicato, 50g
  • tonno affumicato, 50g 
  • olio e.v. d'oliva
  • melanzana viola, una piccola
  • finocchietto selvatico, un mazzetto (anche surgelato)
  • capperi, un cucchiaino
  • prezzemolo
  • cipolla o porro
  • vino passito siciliano, una tazzina
  • passolina, un cucchiaino da tè
  • pinoli, 2 cucchiaini
  • vino bianco siciliano, mezzo bicchiere
  • zucchero
  • aglio, 1 spicchio grande
  • sale
  • menta
  • pepe nero 

preparazione

Lessate i finocchietti lavati e puliti. Una volta cotti scolarli e tritarli finemente . Tenerli da parte.

Rinvenite l'uva passolina in una tazzina di vino passito.

Lavate e sgocciolare i capperi.

Rosolate in una larga padella l'aglio intero e il porro a sottili lamelle in un pò d'olio d'oliva, fino a leggera doratura. Sfumate col vino bianco.

Aggiungete i pomodorini lavati e tagliati, e la melanzana tagliata a cubetti.
Aggiungete il sale, coprite con un coperchio e fate cuocere a fiamma bassa.

Tritate al coltello molto finemente i due pesci, e tenete da parte.

A metà cottura, unite al sugo la passolina sgocciolata, i finocchietti, i pinoli, i capperi, il prezzemolo e la menta tritati, il finocchietto, una macinata di pepe, e proseguite la cottura.

Correggete con un pizzico di zucchero e lasciate addensare il sugo.

Unite quindi i due pesci, e fate cuocere ancora qualche minuto, finché  non ha una consistenza cremosa.

Lessate le busiate al dente, e mantecatele nella stessa padella in cui avete cotto il sugo.

Servite calde.

martedì 5 luglio 2011

Genovesi con crema pasticciera

genovesi con crema pasticcera

Carissimi Gianni e famiglia,
da quando ho ricevuto la proposta di partecipare al vostro bellissimo contest non sono riuscita a fermarmi un attimo sulla ricetta giusta. Io e la mia piccola abbiamo fatto diversi esperimenti, ma non siamo riuscite a fare le foto... ed io ci tenevo che in qualche modo ci fosse anche traccia della sua manina.


Ora siamo in vacanza, su una splendida isoletta che appartiene alle nostre radici (sicuramente alle mie, e un domani, forse, anche a quelle di mia figlia) e a cui tanto dobbiamo anche dal punto di vista culinario. Ed in vacanza ci si dedica a cose un pò speciali, a qualche coccola dolce, a qualche piatto che sa di festa.
La mia ricetta di oggi, ad esempio, piaceva tanto alla mia nonnina. E come darle torto.
Motivo in più per sceglierla per questo contest, dato che io da bambina cucinavo con lei.

genovesi con crema pasticcera

Le genovesi con crema (non so perché le chiamiamo così, ma dovrò fare una ricerca!) sono un dolce siciliano che prende nomi diversi a seconda della provincia: panzerotti, minne di vergine, etc.
Quelle di oggi mi fanno pensare ad una conchiglia, per la loro forma... forse perché sono così vicina al mare?
Ho scritto pochi giorni fa una ricetta, quella delle cassatelle al forno con crema di ricotta, che riprende i temi di cui sopra.
A Palermo le usano per la prima colazione, e si farciscono con crema pasticciera, o di latte, o di ricotta. A Favignana, invece le fanno anche con la crema al cioccolato.
L'impasto è una pastafrolla che ognuno può preparare a modo suo. Io ho usato la ricetta presa da un libro che mi ha subito innamorato, Mandorle Amare: una storia siciliana tra ricordi e ricette (pag 87 e 88). Anche la ricetta della crema e presa da lì.

genovesi con crema pasticcera

L'obiettivo, ovviamente, non è partecipare con una ricetta d'effetto, ma d'affetto (è questa la prova più importante con un bambino, no?!) : avrei potuto scegliere per partecipare tante ricette già pubblicate, e forse  più belle, dato che abitualmente io e la mia Bry stiamo spesso in cucina insieme, ma ci tenevo tanto che fosse qualcosa scritta per voi.
Spero solo che abbiate la possibilità di provare la ricetta, sicilianissima come me, e farmi sapere che ne pensate! 
Ho tentanto di coniugare anche il "fatto per loro" e il  "fatto con loro" : il tema che avete scelto mi prende particolarmente, dal momento che in cucina, oltre alla trasmissione dei saperi (per la quale la mia bimba è ancora troppo piccola), attraverso lo stare insieme passano anche gesti, affetti e relazioni. Insomma, a scuola di cucina, a scuola di vita.
Mi scuso per non avere le foto della preparazione di questa ricetta, ma da sola, ad impastare e fotografare insieme alla mia bimba (che, vi ricordo, ha meno di due anni!), sono riuscita a fare (bene) solo queste.
Grazie per la vostra amicizia, per il vostro invito, e al piccolo Christian tanti auguri per il prossimo compleanno!
ingredienti

Per la pastafrolla:
  • farina di grano duro, 250 g
  • farina 00, 250g
  • zucchero semolato, 200g
  • strutto o burro o margarina, 200g 
  • 4 tuorli d’uovo 
  • qualche cucchiaio di acqua fredda
  • zucchero a velo per decorare 
 Per la crema pasticciera al limone:
  • 2 tuorli d’uova 
  • zucchero semolato, 150g
  • amido di grano o di mais, 40g
  • latte p.s., 500 ml 
  • buccia di mezzo limone grattugiata (io uno grande)

preparazione 

Preparare la crema pasticciera.
La crema l'ha preparata la mamma, perché Bry è ancora piccolina per stare ai fuochi. I bimbi più grandi però potrebbero anche cimentarsi, sotto la guida di un adulto.

Sbattete i tuorli e lo zucchero con una frusta elettrica finché non sono bianchi.

Sciogliete in mezzo bicchiere di latte preso dal totale l'amido, quindi unitelo al latte restante. 

Lentamente, unite l'amido ai tuorli, dopo averli messi in una pentola con doppio fondo.
Io aggiungerei anche una bacca di vaniglia aperta.

Continuando a girare con una frusta, continuamente, tenete su fuoco molto dolce, finché non si addensa.

Unite quindi la buccia grattuggiata del limone e continuate a girare, finché non diventa di consistenza cremosa ma spessa.

Versate in un contenitore freddo e coprite con una pellicola a contatto con la superficie.
Lasciate raffreddare completamente.

Preparare la pastafrolla.
Con un gioco "a chi sporca di più", mamma e Brioscina hanno buttato le due farine in una  bacinella molto grande (così le braccina ci si infilano meglio!)
Abbiamo aggiunto lo strutto a pezzetti, e poi ci siamo divertite a strofinare tra le mani finché lo strutto "non si vedeva più".

Poi abbiamo rotto le uova, mamma ha separato i tuorli dagli albumi, e abbiamo aggiunto i tuorli uno alla volta. Questa è una parte che ci fa sporcare tanto le manine!
Abbiamo pasticciato per benino, e aggiunto qualche cucchiaio di acqua fredda di frigo per dare alla pasta la giuta consistenza.
La pasta si dovrebbe maneggiare il meno possibile, ma qui non ci si teneva a fare il dolce perfetto, quanto a giocare e divertirsi!

Sul piano infarinato, mamma ha dato un'impastata finale, e abbiamo tenuto in frigo per un'ora.
Abbiamo poi ripreso l'impasto, e lo abbiamo steso (con due mattarelli, uno grande per mamma, uno piccolino per Bry) dello spessore di mezzo centimetro.
Abbiamo fatto dei tondi con una ciotola e su mezza parte abbiamo versato un cucchiaio abbondante di crema.

Abbiamo chiuso a mezzaluna, e con le ditina di Bry abbiamo sigillato i bordi (per la verità bucandone anche qualcuno!).

Le due punte sono poi state ripiegate su se stesse, come si vede dalla forma in foto.

Abbiamo infornato a 220° per una decina di minuti (fino a doratura).

Vanno servite con abbondante zucchero a velo, ma se fate come noi, che abbiamo avuto premura di metterlo sulle genovesi ancora calde, lo zucchero si assorbirà col calore.
Fate quindi raffreddare completamente, e mangiatele fredde, a temperatura ambiente.

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E' per questo che ogni tanto latitiamo...