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mercoledì 24 agosto 2011

"Cheesecake" di mousse al limone: la torta del tempo che passa

cheesecake mousse limone

Torta del tempo che passa, delle vacanze che finiscono e, negli ultimi giorni di splendido relax, ti lasciano in bocca il gusto malinconico e dolce dei frutti più maturi.
Noi, qui sull'isoletta, ci godiamo il nostro nuovo e speciale status di mamma e bimba in vacanza da sole (papà, guarda che abbiamo preparato!): solo donne, l'uomo di casa ci raggiunge quando smette di lavorare, e rivederci è una gran festa.
Il sole di fine agosto è forte e lento, e le strade polverose, più sgombre ma non ancora vuote, ci sussurrano che le cose finiscono, ed il tempo scivola dolcemente verso un'altra stagione.
Per rimanere in tema: il vassoio, scelto dalla mia Brioscina, è un orologio dismesso, che ha per noi però un valore particolare. Segna lo scandire delle fasi della vita, delle tappe importanti, ma anche dei piccoli attimi di giorni felici, quelli di questa estate al mare, a guarire le ferite dell'anima col balsamo naturale di Madre Terra e Padre Mare.

cheesecake mousse limone

All'inizio delle nostre vacanze siamo stati ad un piccolo ristorantino di Trapani, e abbiamo mangiato tante delizie (che non sto qui ad elencarvi). A fine pasto, per ben concludere, la mia bimba ha preso una piccola mousse, che dalle nostre parti è spesso servita in bicchierini di plastica trasparenti che lasciano intravedere i vari strati (se ne hanno).
Nonostante fossero passate settimane, da allora me l'aveva chiesta spesso, probabilmente perché è morbida al gusto, ma anche perché è molto fresca.
E così, complici dei limoni isolani freschissimi, ho fatto un giretto in rete e ho provato questa ricetta trovata su vadoatavola.it .
E' una simil-cheesecake molto semplice, facile da preparare, e non si cuoce: perfetta per il periodo estivo o per chi, come me, non vuole fare esperimenti con un forno che non è quello che uso tutti i giorni.
E' una vile scusa, lo so, perché sono qui da un mese e di esperimenti avrei potuto farne tanti, ma non ne ho avuto nessuna voglia, anche perché fa molto caldo e preferisco il mare alla cucina. Volete darmi torto?

cheesecake mousse limone

Tornando alla torta: ovviamente io e Bry l'abbiamo preparata insieme: il bello è proprio questo.
Metà della mousse è finita tra il pavimento ed il suo pancino (regolatevi, quindi, nella vostra preparazione!), l'altra metà al suo giusto posto sulla torta, e la base è venuta particolarmente speziata grazie alla generosità della sua manina (non male, devo dire).
A parte questo, è stata molto gradita, sia da Bry che dai nostri ospiti.  Sono sicura che le vostre, con la stessa ricetta, saranno "più alte"!
ingredienti

Per la base:
  • biscotti tipo digestive, 250g
  • burro, 100g
  • noce moscata, cannella, chiodi di garofano e zenzero (in polvere), q.b.

Per la mousse:
  • burro, 100g
  • uova, 3 + 1 tuorlo
  • zucchero, 200g
  • succo di limone, 150ml + la scorza grattugiata
  • colla di pesce, 12 grammi
  • panna liquida per dolci, 400ml

Per il top e la decorazione:
  • gelatina per torte, 1 bustina
  • zucchero, 3 cucchiai
  • succo di limone, 100ml
  • acqua fredda, 150ml
  • colorante alimentare giallo, qualche goccia
  • nocepesca, 1 matura sbucciata
  • noce di cocco grattuggiata, q.b.
  • zucchero a velo 

preparazione

Preparazione della base.
Frullate i biscotti al mixer insieme alle spezie in polvere.
Sciogliete il burro e mescolate rapidamente.
Schiacciate sul fondo di una tortiera apribile (25cm) rivestita di cartaforno.
Ponete in frigo a raffreddare.

Preparazione della mousse.
Sciogliete il burro e mescolatelo allo zucchero. Lasciate raffreddare.
Unite le uova leggermente sbattute, il succo di limone e la scorza grattuggiata.
Ammollate la colla di pesce in acqua fredda, quindi (passato il tempo indicato nella confezione) strizzatela e scioglietela in un pò di latte caldo (o liquore a vostra scelta).
Unite la colla di pesce ad un pochino della mousse tirata da parte, per poi mescolarla a tutta la crema in modo omogeneo.
Versate sulla base biscottata e ponete nella parte fredda del frigo per almeno 12 ore (preferibilmente di notte, quando il frigo non viene aperto).

Preparazione del top al limone (dopo le 12 ore di raffreddamento della mousse).
Mettete la gelatina in un pentolino con lo zucchero e il succo di limone, qualche goccia di colorante e l'acqua versata a filo.
Mettete sul fuoco e portate a ebollizione, quindi spegnete e lasciate raffreddare un pò.
Prima che si solidifichi troppo, versatela sulla mousse in modo omogeneo e decorate a piacere con fette di limone o frutta.
Lasciate raffreddare in frigo per mezzora circa, quindi cospargetela di fette di frutta, noce di cocco grattuggiata e abbondante zucchero a velo (per dolcificare la frutta).

Sformare con l'aiuto di un coltello bagnato, dal lato liscio della lama.

giovedì 18 agosto 2011

Voul-au-vent ai formaggi aromatici

voulavant al formaggio

Voul-au-vent, vola via col vento: per la loro leggerezza, questi cestini sono chiamati così nella cucina francese.
Sono preparati con la pastasfoglia, e possono essere farciti con qualunque cosa. In genere sono serviti come antipasto, spopolano nel periodo natalizio, e sono perfetti per un aperitivo.
Si trovano già pronti, o si possono preparare in casa: il procedimento non è difficile, la ricetta migliore l'ho trovata qui.
Il ripieno invece lascia libera la vostra fantasia dal dolce al salato, dal rustico al raffinato. Io ho usato il mixer e qualche ingrediente che avevo in frigo: curry, wurstell, peperoni sott'olio, prezzemolo e aglio. Semplicissimi, serviti con ginger e bitter, perfetti per passare del tempo in modo conviviale, in attesa che la brace cuocesse la carne.
Tempo di preparazione brevissimo, qualora si abbiano i voul-au-vent già pronti, o del formaggio spalmabile che potete acquistare già insaporito in diversi gusti.

voulavant al formaggio

ingredienti
Per i vou-au-vent (25 piccoli):

  • pasta sfoglia, 2 rotoli
  • uovo, 1


Per il ripieno:

  • formaggio spalmabile, 2 confezioni
  • wurstell, 2
  • prezzemolo, q.b.
  • peperoni sott'olio, alcune falde
  • curry, un cucchiaino
  • aglio, mezzo spicchio

preparazione

Stendete la pastasfoglia e ricavatene dei cerchi che saranno la base dei vostri voul-au-vent.
Ricavate altri cerchi, che taglierete ulteriormente a ciambella, in modo da sovrapporli ai primi (ne farete tanti quanto vorrete che sia alto il vostro cestino).
Spennellateli con uovo battuto, sovrapponeteli.
Bucherellate abbondantemente il primo strato, quello più in basso, per evitare che gonfi in cottura.
Infornate a 180° finché non saranno gonfi e dorati.

Passate al mixer il formaggio in quattro diverse salse, e tenete in frigo a solidificare.
Una volta freddi, riempite i voul-au-vent con queste creme.

mercoledì 17 agosto 2011

Cous cous di manzo e salsiccia

couscous di manzo e salsiccia

Ormai lo sapete: il cous cous nella mia famiglia è un piatto forte.
D'estate poi vive il suo momento migliore: tradizionalmente lo prepariamo col pesce, per non rinnegare le nostre origini, ed il pesce d'estate è migliore, perché è il pesce della nostra isoletta.
Capita però che Zenzero, grande buongustaio di carne, me lo chieda così, anche se siamo in pieno Aogosto. Ed io, come in una divertente commedia matrimoniale, prima gli dò del matto, poi mi scandalizzo che voglia preparare la zuppa di carne con questo caldo, poi mi metto a pensare ad un compromesso, ed alla fine lo accontento.
Ecco come in questi giorni è nato il cous cous di manzo e salsiccia: è semplicissimo da preparare, perché la carne non richiede particolari puliture (non va disossata), ma nello stesso tempo è grassa quel che basta a non appesantire la digestione (la carne troppo magra, tuttavia, non darebbe un buon sapore alla zuppa, che nel couscous è tutto).
La salsiccia dà quel tocco in più, impreziosito ulteriormente dal finocchietto molto aromatico qui nel trapanese.
Il procedimento è simile alle altre ricette già pubblicate che vi consiglio di leggere, per avere un'idea più completa. Il sapore è meno intenso rispetto al couscous di pesce, e meno elaborato rispetto al couscous di tre carni e sette verdure, ma è ugualmente gustoso, e permette agli aromi di sprigionare meglio il loro profumo.

couscous di manzo e salsiccia

ingredienti
Per 10-12 persone: 

semola di grano, 1kg
olio e.v. d'oliva, q.b.
acqua, q.b.
prezzemolo, 1 mazzetto
carota, 2 medie
cipolla, 2 medie

Gli aromi per l'incocciata della semola:
• noce moscata
• chiodi di garofano
• cannella
• zenzero in polvere
• scorza di 1 limone

Per la zuppa:
• 1 kg di carne di manzo tipo spezzatino o bollito (anche misto)
• 500g di salsiccia di maiale al finocchio
• 250g di pomodoro tondo da sugo
• 750ml di acqua
• sale & olio
carote, 2
cipolle, 2
prezzemolo
• alloro 
aglio, 4-5 grossi spicchi  (facoltativo)
preparazione

1. La zuppa. 
Tritate molto finemente la carota, la cipolla, il prezzemolo, e tenete da parte. Usatene una parte per fare un soffritto per la zuppa: rosolateli leggermente in olio d'oliva insieme all'aglio (che potete tritare o lasciare intero e poi togliere), quindi unite la carne e la salsiccia.
Dopo qualche minuto unite il pomodoro tagliato e pulito, l'alloro spezzato, e regolate di sale. Lasciate cuocere una decina di minuti, quindi allungate con l'acqua e fate restringere finché il sugo non profuma di carne.

2. L'incocciàta. 
Incocciàre in siciliano indica qualcosa di simile a "incontrare". In questo caso la semola incontra l'olio o l'acqua e li assorbe. Una delle proprietà della semola, infatti, è quella di assorbire al suo interno i liquidi che incontra, e questo le dona il grande pregio di poter avere al suo interno i sapori che le si vogliono dare.
Ponete la semola cruda sul piano di lavoro e mettetevi accanto due ciotoline, una con olio e.v.d'oliva, l'altra con acqua a temperatura ambiente. Lavorate piccoli mucchietti di semola per volta.
Versate a filo l'olio al centro di un mucchietto di semola, e cominciate a girare con i polpastrelli piccole quantità di semola per volta. Usate tre dita in senso rotatorio. L'intento è quello di "raggrumare" la semola in piccole palline agglomerate poco più grandi della punta di uno spillo. Usate le proporzioni che preferite di acqua e olio, e fate in modo che il vostro movimento, in senso orario, si irradi dal centro verso l'esterno, di modo che tutta la semola venga inumidita dall'olio.
Procedete con l'acqua, con la stessa operazione, in modo da inumidire leggermente la semola e raddoppiarla circa del suo volume. Tutta la semola dev'essere inumidita e deve aver cambiato colore, diventando meno trasparente e scura, ma non dev'essere bagnata o zuppa, e i grani devono poter ancora scivolare via tra loro, senza attaccarsi troppo. Salate.
Unite il trito di carota, cipolla e prezzemolo, e ripetete il gesto dell'incocciatùra. Unite quindi le spezie in polvere, se volete aggiungete delle mandorle tritate, mescolate ancora, e tenete da parte.

3. La cottura della semola 
Mettete su una pentola dello stesso diametro della couscousièra acqua per tre quarti del suo volume. Potete profumare l'acqua con ciò che volete: altri aromi, verdure… i
Lasciate cuocere per circa 20 minuti dal raggiungimento del bollore. Se la couscousièra non poggia perfettamente, fate una cuddùra di acqua e farina impastati a formare un cordoncino, e sigillate il bordo tra la couscousièra e la pentola, per non lasciare fuoriuscire il vapore. In cottura, coprite con un coperchio.

4. Il bagno di brodo ed il riposo. 
Trascorso il tempo di cottura, versate subito la semola in una mafaràdda, e irroratela, poco alla volta, con il brodo della zuppa.
Lasciate che si assorba gradualmente, mescolando di continuo, prima di aggiungerne altro.
Coprite con una tovaglia, e tenetela in caldo fino al momento di servire (anche alcune ore vanno bene): questo tempo di riposo completerà la cottura, quindi siate accorti nel tenere la semola al dente.

5. Impiattare. 
Servite il couscous irrorato col brodo della zuppa e con la carne a piccoli pezzi poggiati sulla superficie.
Portate in tavola delle ciotole con il brodo caldo, di modo che ciascun commensale possa aggiungerne a suo gusto.
L'ideale è che non sia troppo zuppo, e che ognuno regoli la sua quaantità di brodo.

venerdì 12 agosto 2011

Cheesecake di ricotta (senza cottura)

cheesecake alla ricotta

Due anni, un amore infinito, una fatica incessante che ha trovato il suo senso, e ha dato senso a tutte le cose. Per Bry una torta colorata che rallegrasse la festa.
Non posso sapere ancora se le è piaciuta davvero, se si è divertita ad posare la cialda con le sue manine, o i confetti sulla superficie della torta (certo se l'avessimo comprata non sarebbe stato così divertente), e aspetto il tempo in cui fare la torta e decorare casa per il suo compleanno sarà una cosa che potremo fare insieme.
Intanto provo ad indovinare ciò che le piace, e spero di farla felice. Solo una speranza, ma piena d'amore.

cheesecake alla ricotta

Ho fatto questa torta dopo aver letto e riletto tutte le ricette di Imma sulle cheesecake senza cottura. Qui nella casa al mare mi sento un pò menomata perché il forno non è il mio solito, e non oso rischiare cotture che non sarebbero come io le voglio.
E allora ho cercato una torta che resistesse ai mille tanti auguri a teeee senza sciogliersi al calore dell'estate e delle candeline, ma che fosse anche fresca al gusto e colorata alla vista. Semplice, per non complicarmi troppo la vita, e golosa.
Qualcuno chiama questa ricetta semifreddo di ricotta, ma la mia idea è che il cugino siciliano della cheesecake (il semifreddo) non abbia tanti ingredienti nella crema (ma solo ricotta, appunto) e senza la base biscotto, che invece accompagna con la sua setosa croccantezza questa specie di mousse candida e soda.
La base biscotto è delicatamente speziata, mentre la crema è soffice ma consistente: un connubio perfetto.

Anche il frigo qui al mare non rende al meglio delle sue possibilità: per il rafreddamento questa torta ha bisogno di una temperatura costante e non troppo bassa. Consiglio di prepararla il giorno prima, soprattutto per farla rassodare in un momento in cui il frigo non si apre spesso.



ingredienti

Per la base:
  • biscotti secchi, 150g
  • amaretti, una ventina
  • burro, 150g
  • cannella, q.b.
  • noce moscata, un pizzico
  • zenzero in polvere, q.b.
  • chiodi di garofano, q.b. 

Per la crema:
  • ricotta di pecora, 500g
  • zucchero a velo, 6 cucchiai colmi 
  • panna da montare, 200ml
  • yogurt bianco dolce, 2 vasetti
  • colla di pesce, 8 fogli
  • liquore amaretto, q.b.
  • gocce di cioccolato fondente, 2 cucchiai 
  • scorza di un limone grattugiata 
Per la decorazione:
  • una cialda già pronta (scelta dalla festeggiata)
  • confetti colorati di varie misure 
  • un nastro 

preparazione


Rivestite il fondo di uno stampo a cerniera  da 26cm di diametro con la carta da forno.
Tritate i biscotti e gli amaretti con la cannella e gli altri aromi, fino a ridurli in polvere. 
Sciogliete il burro al microonde e poi versatelo nella ciotola con i biscotti tritati.
Mescolate bene e stendete il composto sulla base della teglia, premendo con dorso di un cucchiaio in modo da compattarlo.
Mettete lo stampo in frigorifero, quindi preparate la crema.

Mescolate la ricotta con lo zucchero a velo.
Montate la panna per dolci già zuccherata e unitela alla crema di ricotta.
Grattugiate la scorza di un limone nella crema. 
Ammollate la colla di pesce in acqua fredda per 10 minuti, strizzatela, quindi versatela in una ciotola insieme ad una tazzina di amaretto di Saronno.
Scaldatela appena al microonde senza far giungere all'ebollizione.
Unite quindi un pò di crema alla colla di pesce sciolta, e poi il piccolo quantitativo all'intera crema.
Versate il tutto sulla base biscotto e ponete in frigo o freezer (in questo caso però uscitela prima di servirla) per due o tre ore. Io l'ho tenuta in frigo per 24h.

giovedì 11 agosto 2011

Pesce spada in panatura di menta e limone (piscispata 'mpanatu)

pesce spada 'mpanato

Il pesce spada è un "pesce mediterraneo" per eccellenza: vive nelle calde acque del Tirreno del sud, anche se si trova anche in acque spagnole e greche, e non si può escludere che le diverse condizioni del mare lo spingano oggi a cercare territori migliori.
La sua pesca, raccontata sin dai tempi dell'antica grecia, è sempre stata difficile e costituita da rituali che servivano a propiziare gli dei e il bottino: in tempi antichissimi non era certo impresa semplice come oggi.
Si dice che nello stretto di Messina fosse più facile catturare pesci di grossa taglia che attraversavano il canale: vero o no, di certo in tempi antichi quelle acque erano meno trafficate e più generose.
Si dice anche che i pescespada, animali da fondale, vengano in superficie solo per amore: ed è allora che vengono arpionati, prima la femmina, e poi il maschio, che senza la sua compagna non abbandona il territorio nel tentativo di ritrovarla.
La storia d'amore è di certo struggente e d'effetto. Per questo motivo trovo che la carne di questo pesce sia degna di rispetto e di onore.
Leggera, nutriente, sana, facilmente proponibile ai bambini perché priva di lische minute e dalla consistenza compatta. Questa è la mia proposta dal profumo siciliano: un gusto rinfrescante di menta e limone per una carne dalla superficie croccante e dorata e dal cuore tenero, tanto apprezzata dalla mia bimba.

pescespada 'mpanato

ingredienti
  • pescespada, una fetta a testa di spessore medio
  • pangrattato, q.b.
  • olio e.v.d'oliva
  • sale
  • foglie di menta fresca
  • scorza di un limone bio appena raccolto
preparazione

In un largo piatto versate abbondante olio d'oliva e passatevi le fette di pesce spada, rigirandole ambo i lati. Lasciare qualche minuto ad ammorbidire.

Nel frattempo disponete il pangrattato in un altro piatto, aggiungete il sale, la scorza di limone "rigata"(anche a riccioli va bene) e le foglioline di menta tritata.

Passate le fette in questo trito, pigiandole bene per far aderire il pangrattato condito.

Cuocete ai ferri, o alla brace, fino a doratura della crosticina.

martedì 9 agosto 2011

Involtini di carne (alla ericina)

spiedini alla ericina

Involtini alla ericina: me li hanno insegnati con questo nome, anche se non sono riuscita a ritrovare nessuna testimonianza certa nella tradizione gastronomica locale che possa testimoniare una loro appartenenza inequivocabile che li distingua dai più famosi involtini palermitani di vitello.
C'è una frase divertentissima che ho letto in un libro che dice "signore, non fate sapere che basta aggiungere passolina e pinoli ad un piatto per definirlo isolano, perché i siciliani potrebbero offendersi". La morale di questa battuta è che i siciliani hanno tanto amato questi due ingredienti portati dagli arabi da farli propri e quasi onnipresenti (soprattutto nella cucina palermitana) nei loro piatti.
Gli involtini di carne a palermo sono famosissimi: degli straccetti di tenero manzo o vitello, avvolti intorno ad un ripieno di pangrattato, caciocavallo, uva passa e pinoli, e infilzati in uno spiedino per essere cotti sulla brace o in tegame. Una foglia di cipolla ed una di alloro abbracciano ogni involtino in modo da proteggerne l'umidità ed il sapore, dando profumo e colore.
La variante ericina consisterebbe nel sostituire il caciocavallo con la ricotta salata grattugiata, senza passolina e pinoli. Vero o no, il risultato è supremo: la carne tenerissima, di ottima qualità, si scioglie in bocca, schiudendo uno scrigno ricco di sapori intensi. 

spiedini alla ericina

ingredienti
Per 8 persone:
  • straccetti di carne di vitello, 1kg
Per il ripieno:
  • pangrattato, 100g + altro per la panatura
  • ricotta salata grattugiata, 2 cucchiai + qualche sottilissima fettina
  • salsa di pomodoro, 2 cucchiai
  • pomodoro secco, 2 o 3 
  • pancetta dolce morbida, 50g (va bene anche del prosciutto cotto grasso) 
  • olio e.v. d'oliva, q.b.
  • sale e pepe
  • alloro, qualche foglia
  • cipolle, 2 
  • peperoncino rosso, facoltativo 
preparazione

E' fondamentale che il macellaio vi prepari la carne in straccetti molto sottili.

Allargate le fette sul tavolo.

Tritate finemente al mixer la pancetta priva della maggior parte del grasso, insieme ai pomodori secchi.

Mescolateli con pangrattato, ricotta, salsa di pomodoro, olio, sale e pepe. Impastate in modo da ottenere un ripieno compatto e disponetelo al centro di ogni fetta, insieme ai pezzetti di ricotta salata.

(Variante: sostituite una parte della ricotta con del pecorino siciliano grattugiato)

Avvolgete ogni fetta su se stessa in modo da ottenere dei piccoli cilindri.
Passateli nell'olio, poi nel pangrattato.
Infilzatene tre o quattro su un grande spiedino di ferro o di legno, alternando ciascun involtino a fette di alloro e foglie di cipolla.

Cuocete sulla brace, in forno, o in tegame, unti ad un filo d'olio.

Nota bene: inserisco la categoria "antipasti e stuzzichini" perché nella cucina siciliana questo piatto costituisce storicamente una ricetta da street-food o uno stuzzichino usato da sbocconcellare tra una portata e l'altra.

lunedì 8 agosto 2011

Couscous dolce: storia e ricetta

Il cous cous dolce è un piatto tipico della cucina della sicilia sud-occidentale, non da tutti conosciuto. Si prepara con della semola di grano adatta a questa preparazione, e si condisce (contrariamento al piatto da zuppa o dal taboulè) con un condimento dolce accompagnato da una salsa. Il risultato è davvero soprendente, insolito, spettacolare.

couscous dolce

L'isola aspra aveva in sé il fascino di doni ancora potenzialmente da schiudere. Molte erano le risorse di quella terra, ma poco sfruttate dai suoi abitanti. Quando il popolo arabo si mosse dalle terre del deserto verso le regioni più a nord, incontrò nella sicilia una promessa di benessere e di paradiso. Il loro sapere e la loro cultura rese queste terre colte e fertili.
Il sud di un'Italia che allora non esisteva aveva in comune con questa popolazione un patrimonio di ingredienti e di usi condiviso dalle popolazioni che vivevano intorno al Mediterraneo: facile era stato mettere in comune le somiglianze e mitigare le differenze, da entrambe le parti, in uno scambio che aveva arricchisto conquistatori e conquistati, e che si era svolto in un clima di rispetto ed integrazione che oggi non conosciamo. Il sapere arabo aveva migliorato le condizioni di vita e di salute della popolazione siciliana, e la fertilità genorosa delle terre aveva impreziosito i commerci delle flotte, portando prosperità ambo le parti. Gli arabi avevano lasciato i loro coloni in ogni terra raggiunta, che rimasero nell'isola anche  nel periodo normanno, conservando così usi e costumi che tramandarono e diffusero anche tra i siciliani.

Palermo era una specie di paradiso in terra: affacciata su una conca protetta dal mare e abbracciata dai monti, si estendeva intorno ad un fiume che in essa sfociava. Alle sue spalle colline fertili e boschi prosperosi. La sua posizione geografica la faceva una rotta ideale per i commerci ed un crocevia perfetto per i contatti con altre popolazioni. Coltivarvi i prodotti provenienti dall'oriente e moltiplicarne le risorse fu davvero molto semplice. La versatilità e la curiosità della gente fece il resto.
Alcuni commercianti locali traevano vantaggio dalla mescolanza dei saperi, e se ne fecero promotori. La tolleranza giuridica e religiosa, soprattutto nel successivo periodo normanno, fece il resto, dal momento che la gente poteva continuare a condurre la propria vita secondo i propri costumi, e lavorare per un fine nuovo e più vantaggioso.
Gli illuminati conquistatori europei, del resto, avevano ben compreso il vantaggio di non diffondere il malcontento che sarebbe derivato dall'imposizione di usanze nordiche e lontane da quella terra e dai quei cuori.
La bellezza, il fascino, l'industriosità e l'ingegno della sicilia araba esercitava su di loro un fascino senza eguali.

Gli ingredienti di questa ricetta sono tutti doni dell'arrivo degli arabi, dal primo all'ultimo. Si impreziosiscono di qualche specificità siciliana, come il vino liquoroso, proibito alla loro religione e nato invece in terra nostra.
Il segreto di questa preparazione è blindato tra le pareti del Monastero di Santo Spirito ad Agrigento: fondato da una nobildonna agrigentina, sposa del conte normanno Ruggero Primo, fu trasformato in convento alla morte del marito. Qui lavorarono monache e schiave arabe, specializzandosi nella produzione di dolci e vendendoli per mitigare gli stenti. Ha probabilmente questa origine la diffusione di una ricetta ancora oggi in uso nella cultura magrebina.

couscous dolce

Nessuno tranne le monache conosce la ricetta originale. La mia curiosità, di una forza senza eguali, mi ha portato a riprodurla nel modo secondo me più simile, ma senza alcuna pretesa.
I sapori voluttuosi da mille ed una notte sono tutti nella semplicità di questo ingrediente base che è la semola del couscous, che contrasta con i numerosi condimenti. La semola è neutra, e la frutta secca e candita, tra mille pepite colorate, la guarnisce come piccole note musicali. Può non piacere a tutti, specialmente a quelli abituati ad assaporare il couscous nella sua versione classicamente siciliana, ovvero di pesce (sicilia occidentale). Io ritengo che sia da provare: soprattutto accompagnato da una salsa morbida che accarezza teneramente la ruvidità dei granelli.

couscous dolce

ingredienti

Per 6 o più persone:
  • semola di grano duro per couscous, 500g
  • burro fuso, 80g
  • mele golden, 2 grandi
  • limone fresco, 1
  • cioccolato fondente in gocce, 100g
  • pistacchi in granella, 100g
  • mandorle abbrustolite tritate, 100g
  • zuccata e cedrata a pezzetti, 50g
  • cannella in polvere, q.b.
  • zenzero in polvere, q.b.
  • chiodi di garofano in polvere, q.b.
  • noce moscata, q.b.
  • zucchero a velo, q.b.
  • latte di mandorla, 1 bicchiere colmo
  • vino marsala dolce o passito, q.b.

Per la crema pasticciera:
  • 1 tuorlo d’uovo 
  • zucchero semolato, 70g
  • amido di grano o di mais, 30g
  • latte p.s., 300 ml  circa
  • buccia di mezzo limone grattugiata (io uno grande)

preparazione

Mettete la semola in un ampio recipiente, la mafaradda.
Ponetevi accanto una ciotola con acqua e sale ed una col burro fuso.
Incocciàte la semola con entrambi i liquidi, cercando di agglomerarla in piccole palline della grandezza di una testa di spillo, usando un movimento rotatorio delle dita.
Lasciate ad asciugare per qualche ora su un tavolo, ricoprendo con un canovaccio.

Utilizzate l'apposita pentola, la couscousièra, per cuocere la semola a vapore: ponetevela con un solo gesto deciso e copritela con un coperchio, quindi poggiatela su una pentola con acqua bollente nella quale la couscousièra si sieda perfettamente. Nell'acqua di cottura ponete a cuocere le mele a grandi pezzi, sbucciate, i limone a pezzi, cannella intera e altre spezie a vostro gusto.
Cuocetela a vapore per 45 minuti, senza mai rimestare.

couscous dolce

Versatela nella mafaradda, irroratela quindi con latte di mandorla caldo e liquore, aggiungendo il liquido poco alla volta (come se fosse un brodo) e sgranando la semola via via che lo aggiungete, con due forchette.
Non aggiungete altro liquido se il primo non si è del tutto assorbito. Non è necessario aggiungerlo tutto, la semola deve risultare morbida ma non "pappetta", e la quantità varia a seconda del tipo di semola e dell'umidità dell'aria.

Aggiungete quindi tutti gli altri ingredienti, frutta secca e spezie, gocce di cioccolato e zucchero a velo, zuccata e cedrata.
Mescolate uniformemente e lasciate raffreddare.

Servite in piccole porzioni, con accanto una salsa all'arancia o con una crema pasticciera morbida.

venerdì 5 agosto 2011

Coppette di cialda con gelato e meringa (e un premio ad un follower)

coppette di cialda con gelato e meringa

Questa è una ricetta volutamente semplice.
Qualche giorno fa Mela, stanca del caldo, della città, delle cose da fare e dei troppi pensieri, ha estratto a sorte il follower a cui ha promesso un piccolo regalo. Tornare sull'isoletta è ricominciare ad apprezzare il gusto della vita, e Mela è fiduciosa nelle possibilità che il luogo e l'essere in vacanza possono riservarle.

La semplicità della ricetta, come dicevo, mi permette oggi di parlare di altro: come promesso, ho estratto a sorte un follower tra il numero 100 ed il numero 150, ed ho destinato un piccolo regalo come giveaway.

estrazione per il giveaway

Le modalità sono volutamente arbitrarie, dal momento che questo non è un concorso, nè un premio, ma semplicemente una piccola forma di ringraziamento (per questo sichiama give-away!). Non me ne vogliano quindi gli amanti della precisione e gli esperti utilizzatori di random, ché questo non è un concorso e non disponiamo di un notaio!
Farò la stessa cosa al raggiungimento dei 200 followers, quindi se ancora non vi siete iscritti, fatelo: ci sono ancora diverse possibilità di vincere, soprattutto se siete bravi blogger e mi ispirate simpatia!

La vincitrice di questa estrazione si chiama AnnaMaria, ed è la blogger di B per Biscotto: un blog ben fatto, dalla grafica semplice e pulita, dai contenuti curati e dalle foto interessanti. Insomma, un piacere premiarla.

Il regalo che le arriverà sarà solo un piccolo pensierino, ma spero sia gradito e che le ricordi di Melazenzero, delle nostre storie, delle nostre ricette!

E infatti, tornando alla ricetta... coppette di cialda, con gelato alla stracciatella, e meringa. Sono semplici da preparare, rapide, e gradite a tutti (sono sparite in un batter d'occhio!).
Se avete poco tempo, potete comprare del gelato giù pronto (come ho fatto io!), in alternativa invece potete seguire la ricetta di Barbara MammaFelice (ricetta base per gelato alla crema, con aggiunta di scaglie di cioccolato).
Insomma, se avete voglia di deliziarvi con questi colori zuccherosi, se avete dei bimbi da intrattenere, se non vi sentite maghi ai fornelli... questi gelatini fanno per voi!


ingredienti
  • gelato stracciatella, 500g (ma anche fiordilatte o fragola o vaniglia...)
  • cialde rotonde per gelato, 14
  • meringhe bianche e rosa, 14 
preparazione

Tenete per qualche il minuto il gelato fuori da freezer, perché non sia troppo duro.
Utilizzate un dosatore per fare delle palline di gelato.

Riempite ogni cialda con una pallina, e ricopritela con una meringa, schiacciandola un pò per farla aderrire bene.

Servite subito (non si possono preparare in anticipo altrimenti la cialda si "ammolla").

giovedì 4 agosto 2011

Insalata di polpo in bellavista: ColaPesce e la vita delle isole

insalata di polpo

Lo so, stiamo lesinando le nostre ricette. Non perché non si cucini, anzi, ma il tempo e la connessione sono sfuggenti.
Vacanza: tempo di relax e di profumi, di cibi semplici e di preziose coccole culinarie.
Sull'isoletta mi sveglio ad ogni alba, provando un battito di cuore emozionante ogni volta che il profumo dei dolci si mescola a quello del mare. Non c'è sensazione che io conosca che possa assomigliare a questa piccola, perfetta felicità.
Le giornate sembrano tutte uguali, ed invece è come se mordessi ogni attimo avidamente, come un dolce siciliano con la crema: addentandone il sapore e cercando di trattenerlo in bocca ancora un pò, prima di mandarlo giù a nutrire ogni fibra del corpo.

insalata di polpo

Ieri sera un piccolo dono insperato: la possibilità di vedere una commedia siciliana, la leggenda di ColaPesce.
ColaPesce è un uomo che decide di lasciare la sua terra, la Sicilia, in cerca di nuova fortuna, ma soprattutto un uomo che scopre nell'incertezza del mare e dei suoi flutti un nuovo regno.
Questo gli dà grande fortuna e lo rende famoso, fino a solleticare le invidie di re Federico II, che gli impone delle pericolose prove che gli faranno rischiare la vita.
La narrazione di queste imprese eroiche dipinge una sicilia poggiata sul fuoco dell'Etna, che scorre sotto il mare, come un "tavolino di terra" che si regge su tre colonne.
L'uomo libero, audace, apparentemente sprezzante per la sua terra che facilmente abbandona, si mostrerà capace di un amore così grande per la sicilia e per i siciliani da fargli abbandonare la vita, l'amore, e persino il suo essere uomo: ColaPesce, in un canto d'amore per i siciliani, sceglierà di vivere in fondo al mare per reggere una delle tre colonne che, crepata, rischia di crollare.

insalata di polpo

Emozionata da questo racconto, che già conoscevo e che ho apprezzato in tutta la sua commovente drammaticità, rifletto sulla mia amata, adorata terra, e sul suo perenne rischio di "crollare" da un momento all'altro.
Nelle sue contraddizioni e nelle sue incredibili meraviglie, la sicilia (più presente nella mia isoletta così lontana dal mondo cittadino) è anche questo: amata e odiata, maltrattata ed osannata, l'isola (come del resto le isolette) meravigliosa e maledetta, strega e affascina.
Questo archetipo, così presente nel sangue delle mie vene, mi ha sempre fatto provare l'emozione della indipendenza ed insieme della prigionia, rendendomi libera e schiava nello stesso tempo.
Il linguaggio della mia isoletta è ammaliante ed ingannevole come il canto di una sirena: ad un momento ti sembra di averlo colto, e nell'attimo dopo ti fa sentire estraneo, sedotto e abbandonato.
Non si raggiunge mai, dunque, il cuore di un'isoletta o quello dei suoi abitanti: generosi fino all'incredibile ma poi schivi e sospettosi, si affrettano a chiudere rapidi la porta che dà sulla strada, come se due minuscole ante di legno potessero tenere fuori il mondo anche senza una porta blindata.
E del resto, di cosa dovrebbero aver paura gli isolani? C'è il mare a proteggerli: il mare che li isola e li abbraccia, li culla e li imprigiona, tiene lontano il mondo e la civiltà con le sue cattiverie, e se qualcosa ti viene in mente di rubare hai poco lontano da andare, al più fino alla riva del mare.

insalata di polpo

Io rispetto questo mare, e me ne nutro con discrezione: ché forse non sembra, ma in un connubio antico ed ancestrale fatto di piedi scalzi e di cultura, anche la scelta degli ingredienti ha la sua ragione. Sulla mia isoletta sono la bambina senza scarpe ma anche la donna che ha studiato il perché delle cose, ed usa la conoscenza per buoni fini.
Alcuni ingredienti, i più preziosi, solo una volta l'anno: i ricci, i polpi, le specie in via di estinzione.
Se tutti la pensassimo così, forse questo generoso ed indulgente mare sarebbe più ricco.
Scusate, quindi, se oggi cucino un animale di cui nutro un profondo rispetto: ha l'intelligenza della vita sulla terra ma appartiene al mare. Come ColaPesce.
Vi assicuro che è con estrema giustizia che ce ne nutriamo, a volte persino rinunciandovi, secondo una logica che è difficile spiegare, ma che un giorno scriveremo, io e Zenzero, convinti dell'esigenza di una giustizia  necessaria alla convinvenza tra l'uomo e la Natura.
ingredienti
  • polpo, circa 800g 
  • pomodori tondi e maturi, 4
  • mais in grani, 2 cucchiai
  • capperi, mezzo cucchiaio
  • carciofi al naturale, 4 spicchi 
  • olive bianche, q.b.
  • olio e.v. d'oliva 
preparazione

Quando acquistate un polpo, o lo pescate -come noi-, dovete aver cura di "sbatterlo" per bene (ricordate la meravigliosa pubblicità di Dolce e Gabbana?) per renderne tenere le carni. Lo stesso procedimento si ottiene surgelandolo.

Portate ad ebolizione  una pentola con abbondante acqua salata.
Prendete quindi il polpo per la testa e fate due o tre "calate" (immersioni rapide in acqua) di modo che i tentacoli si arriccino: oltre ad essere un criterio estetico, serve ad occupare meno spazio nella pentola.

Lasciate cuocere aggiungendo un filo d'olio all'acqua, per almeno 30 minuti, o finché la carne non sarà tenera (potrebbe essere necessario un tempo maggiore, dipende dalla grandezza del polpo), ma è importante che spegniate in tempo per lasciarlo in immersione facendolo raffreddare nella sua acqua. Non deve scuocere.

Conditelo con olio di ottima qualità, sale, e gli ingredienti sopra elencati . Ma vi assicuro che un polpo appena pescato non ha bisogno di alcun condimento!

lunedì 1 agosto 2011

Frittelle di gamberi alla favignanese

frittelle di gamberi

Vi avevamo lasciato con una ricetta mooolto classica. Poi, il silenzio di qualche giorno. Una settimana che ci è servita a preparare, impacchettare, scegliere, ed essere pronti per le nuove vacanze.
Ed eccoci ancora qui, sull'isoletta, a vivere una vita parallela, in cui siamo all'opposto rispetto alla nostra quotidianità. In questi giorni vi prometto, complice il mio relax vacanziero, di scrivere diverse ricette che rappresentano necessità e diletto dei miei giorni al mare.
Quindi, di buon lunedì, vi parlo di una ricetta molto semplice, di quelle che anche stasera potrete mettere in tavola, ma che diventa una ricetta speciale quando avete degli ingredienti come i nostri gamberi freschi.
Certo, qui costano un'occhio della testa, ma almeno sono genuini e buoni. La loro provenienza, probabilmente, è Mazzara del Vallo, paese della costa molto vicino che possiede una buona flotta in grado di pescare meglio dei pescatori locali.
Certo se, come me, le preparate la sera per cena, non sperate che le foto siano sempre decenti: le mie in fatti non lo sono. [Vi dò le dosi per una cena, ma se li usate diversamente dovete diminuirle]
La ricetta potete presentarla come antipasto, o come piatto unico, come aperitivo, finger-food, o per ravvivare un buffet, anche per bambini.
In realtà c'è chi ai piccoli non fa mangiare facilmente i frutti di mare e i crostacei, ma a loro, a dispetto di questo, sono molto graditi i gamberi, dal sapore dolce, senza lische, e facili da masticare.
Se non avete il mare così vicino da trovarli freschi... beh, per fortuna ce ne sono tantissimi tipi in vendita anche surgelati. Quindi non avete scuse: dovete provare queste frittelle!

frittelle di gamberi

ingredienti
Per 4 persone:
  • gamberi rossi (più saporiti) o bianchi (più delicati), 500g
  • uova, 3 piccole
  • farina, q.b.
  • bicarbonato, una punta di cucchiaino
  • sale, q.b.
  • scalogno e carota, un pezzetto di ciascuno
  • prezzemolo fresco tritato, un cucchiaio
  • acciughe sott'olio, 3 o 4 grandi (facoltativo)
  • capperi dissalati tritati, mezzo cucchiaino (facoltativo)
  • aceto balsamico o riduzione di aceto balsamico, per guarnire 
preparazione

Buttate in acqua bollente i gamberi lavati, per qualche minuto. Scolateli e sgusciateli.
[Le teste ed i carapaci sono perfetti per preparare un fumetto di pesce.]

Rosolate scalogno e carota tritati molto finemente come se doveste preparare un soffritto, in poco olio, finché non si ammorbidiscono. Teneteli da parte.

Preparate una pastella leggera, sbattendo 2 uova ed un tuorlo con quanta farina è necessaria a darle una consistenza leggermente densa. Montate a neve l'albume rimasto ed incorporatelo all'impasto con un pò di sale ed un pizzico di bicarbonato.

Unite acciughe e capperi tritati in  quantità che dia sapore ma che non copra il gusto dei gamberi.
Unite il prezzemolo tritato, le verdure rosolate, infine i gamberi.
Qualcuno aggiunge qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro.

Friggete a cucchiaiate in olio bollente riscaldato in una pentola stretta dai bordi alti.
Servite calde o tiepide, con una decorazione di aceto balsamico.
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E' per questo che ogni tanto latitiamo...